Perché l’arresto di Messina Denaro frenerà la «rivoluzione» di Nordio sulle intercettazioni

Ma per quanto la cotta intellettuale della premier per Nordio sia forte, di fronte ai richiami della foresta e alle urgenze della politica non c’è cotta che tenga. E dunque. come scrive Francesco Olivo su La Stampa, «per Meloni va celebrata la “vittoria dello Stato” e non è il momento quindi per tornare alla stagione degli scontri con i giudici». Il risultato è che, al di là dei proclami, l’agenda di Nordio dovrà probabilmente cambiare, e che l’idea di limitare fortemente le intercettazioni per i «reati minori» — fattispecie culturale più che giuridica che nell’approccio ipergarantista (soprattutto) di Forza Italia comprende quelli di corruzione — una volta uscita dalla finestra delle intenzioni più o meno buone, rientrerà dalla porta della realpolitik.

Finora, in effetti, parole come quelle dell’ex Procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho — «Le intercettazioni il più delle volte non nascono per il contrasto alle mafie. Alle mafie si arriva dopo. Perché le intercettazioni partono dalla corruzione e da altri reati e sviluppandosi su questo binario poi arrivano a tutto quello che c’è dietro» — potevano essere derubricate a uscita di una toga giallorossa entrata nei ranghi parlamentari dei 5 Stelle e quindi di per sé, nell’ottica del centrodestra garantista, non credibile. Ma ora l’importanza dei cosiddetti «reati spia», che permettono di risalire ad attività criminali prettamente mafiose, viene ribadita con gli stessi concetti dal successore di Cafiero.

In una lunga intervista a La Repubblica, Giovanni Melillo fissa punti che, nella nuova temperie inaugurata dall’arresto del boss trapanese, per Nordio sarà molto difficile smuovere. Dunque, spiega il Procuratore: «Si tratta di un campo delicato e complesso che interroga tutti i sistemi nazionali. Innanzitutto perché nell’era digitale nelle indagini e nei processi confluiscono masse informative incomparabilmente più grandi e delicate rispetto al passato. Ciò obiettivamente pone la necessità di rigoroso governo di strumenti e tecniche di indagini che coinvolgono diritti fondamentali. Dunque, tocca al legislatore tracciarne i confini. Da procuratore nazionale ho tuttavia la responsabilità di sottolineare che oggi le mafie parlano innanzitutto il linguaggio della corruzione e delle frodi fiscali, che è linguaggio praticato largamente dal mercato e nel mercato, fungendo da saldatura di interessi eterogenei».

È un concetto fondamentale, che vale la pena ribadire: corruzione e frode fiscale, se non sono reati ascrivibili direttamente alla fattispecie mafiosa, sono però reati commessi spesso dai mafiosi, e quindi dire di voler intercettare i mafiosi ma non chi commette quei reati non sta in piedi. Ai mafiosi, insomma, si risale spesso partendo da quei reati, dal loro brodo di coltura finanziario, che è diventato il loro brodo preferito.

Per queste ragioni, sottrarre la corruzione dai reati intercettabili in questo momento è impensabile, e Melillo lo dimostra con un artificio retorico che sorprende, spiazza e perfino diverte, nella sua capacità di illuminare il tema: «Sarebbe un danno serio. Perché una parte non secondaria delle conoscenze che costruiamo quotidianamente nascono da indagini su più rilevanti fenomeni di corruzione e di frode fiscale. Anzi, va sottolineato che è più difficile penetrare la segretezza degli accordi corruttivi che penetrare i contenuti di una riunione di mafiosi. Ce lo dice l’esperienza investigativa: capita di frequente che incontri illeciti tra pubblici ufficiali e imprenditori siano circondati da cautele e tecniche elusive da far invidia alla segretezza dei movimenti mafiosi».

Melillo non si ferma qui: difende tutte le intercettazioni, anche quelle più invasive, il cosiddetto trojan, che entra nei computer, nei telefoni e nelle «vite degli altri», per citare uno splendido film tedesco, in un modo che non a caso i suoi detrattori paragonano alla Stasi, il famigerato spionaggio della Germania Est. Nordio, oggi al Senato, è stato appena un po’ più leggero, scegliendo un parametro storico più antico eppure più sofisticato: «Quanto sta emergendo nella Commissione Giustizia del Senato sulla possibilità di manipolare le intercettazioni del trojan non è una novità. Il grande Richelieu diceva “datemi una lettera e un paio di forbici e io farò impiccare l’autore”. È sufficiente prendere una lettera, tagliarla e ritagliarla e fare copia e incolla che si attribuiscono all’autore della lettera cose che non ha mai pensato». Tutte argomentazioni che Melillo liquida seraficamente: «Sul versante della corruzione, credo sia necessario anche quello strumento. Che va ancorato a parametri rigorosi. Ma ripeto: appartiene alla responsabilità politica definire queste scelte, così come valutare il tempo di queste scelte».

Ecco, la «responsabilità politica» e «il tempo delle scelte» ora congiurano per un congelamento delle velleità copernicane di Nordio. Come andrà a finire, lo prevede una donna di mondo come Simonetta Martone, ex magistrata, volto storico di Porta a Porta e ora parlamentare leghista: «Quello che verrà cambiato sarà l’uso delle intercettazioni ai fini della pubblicazione sui mezzi di comunicazione». Una riverniciata a fine mediatici, o antimediatici se si preferisce. Se a Nordio non basterà, non è tanto assurdo prevedere che prima o poi molli tutto, carica e coalizione, e passi magari al terzo polo. Renzi lo adora, e lui lo ha ricambiato con la prefazione al suo ultimo libro. Come avrebbe detto anche Richelieu, tout se tient.

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