Meloni, l’Opa sul Ppe

Spostare a destra l’Europa è l’imperativo di Meloni per le prossime elezioni. Secondo la premier i tempi sono maturi. L’avanzata della destra sovranista fa sperare in numeri più favorevoli, anche se gli equilibri non sono semplici, perché dipendono dai rapporti di forza interni ai singoli Paesi. In Polonia, per esempio, potrebbero sfidarsi Mateusz Morawiecki, che fa parte del gruppo europeo di Meloni, e Donald Tusk che invece è un nome di punta del Ppe. Allo stesso modo in Italia tutto dipenderà dal destino del centrodestra, da una sfida che potrebbe rivelarsi fratricida e segnare la fine di quell’esperimento immaginato nel 1994 da Berlusconi.

Il vecchio patriarca di Arcore non si rassegna a uscire di scena e ha in testa di lasciare un’ultima eredità politica da protagonista. A detta della sua cerchia più stretta il vero obiettivo non è il partito unico ma una federazione tra Fi e Lega che passerà da una lista in comune per le Europee e che, nei piani, dovrebbe servire a contenere l’ascesa straripante di Meloni. C’è un’immagine che tra i berlusconiani doc circola molto in queste ore. Quella di Berlusconi che sale sul predellino a Milano e annuncia la nascita del Pdl, figlio della fusione tra Forza Italia e Alleanza nazionale. E’ un’immagine che ritorna alla mente di molti dirigenti azzurri non tanto per la possibile riedizione di quella svolta del novembre 2007, con un partito che assomma forze diverse, ma perché oggi, dicono, quella svolta potrebbe farla Meloni. Sta a lei decidere. Se forzare o meno il processo di cooptazione e capitalizzare le macerie del berlusconismo. Meloni non pensa a un partito unico come lo immagina Berlusconi, ma non esclude un restyling di FdI prima delle Europee, se il consenso sarà consolidato e sarà inversamente proporzionale a quello degli azzurri. La maturazione della sovranista che urlava dai palchi contro l’euro e contro l’Europa padrona, in una leader conservatrice più moderata che accetta i consigli di Bruxelles, potrebbe passare dal ritocco del simbolo e del nome, anche per affrancarsi dalla sua stessa storia. «Un partito più conservatore e meno sovranista», è lo slogan con cui viene sintetizzato il lavoro in corso. Un traguardo che necessita di alleanze e di relazioni. Anche per questo si lavora a un bilaterale con il premier polacco a Roma ed entro la primavera a un viaggio a Londra, dal primo ministro inglese Rishi Sunak, guida dei Tories, il modello a cui ora guarda Meloni. —

LA STAMPA

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