Meloni, l’Opa sul Ppe

Ilario Lombardo

ROMA. È l’ora di pranzo quando Silvio Berlusconi fa sapere di aver avuto una telefonata con Manfred Weber, presidente del Partito popolare europeo. «Mi ha fatto piacere sentire da lui l’importanza che viene attribuita a Forza Italia nel Ppe e in Europa». Nessuno ancora sa che c’è un motivo ben preciso dietro questa dichiarazione. Lo si capirà poco meno di un’ora dopo quando Weber entrerà a Palazzo Chigi, per un colloquio con la premier Giorgia Meloni. Un incontro che viene tenuto riservato fino all’ultimo. La comunicazione tace, consapevole anche della rilevanza politica di questo faccia a faccia per i possibili contraccolpi all’interno della coalizione di centrodestra.

È la seconda volta che Meloni e Weber si incontrano. A Palazzo Chigi il tedesco vede anche Antonio Tajani, vicepremier, ministro degli Esteri, coordinatore di Fi, e autore assieme al ministro degli Affari europei Raffaele Fitto, di Fratelli d’Italia, dell’operazione che punta a consolidare l’alleanza tra Conservatori e Popolari in Europa. È il progetto a cui lavora Meloni in vista delle Europee, per sganciare il Ppe dal tradizionale asse con i socialisti a Bruxelles.

La premier parla da presidente del gruppo Ecr, ma anche da leader di un partito in crescita che sogna di arrivare al 35-36% alle Europee del 2024. Quello è l’orizzonte di Meloni anche per fare i conti in casa e capire se FI sarà liquidata dalla storia. La fondatrice di FdI ha già rigettato il progetto del partito unico conservatore rilanciato tre giorni fa da Berlusconi sul modello dei Repubblicani americani. È un formato che non le interessa e che considera inutile dal punto di vista politico.

In realtà per Berlusconi, a detta dei suoi fedelissimi, è più che altro un’azione di «disturbo», che serve a testare le intenzioni della premier. Il leader azzurro si sente «tagliato fuori», reso marginale dal consenso in calo, preoccupato di non controllare i suoi uomini. Continua a guardare con sospetto Tajani e il suo attivismo: «Ormai – ripete – è più meloniano dei meloniani». Il ministro degli Esteri sta facendo pesare una rete di relazioni costruita in anni di vita politica a Bruxelles. La sua principale alleata è Roberta Metsola, presidente dell’Europarlamento, ma anche i popolari spagnoli e i greci.

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