La guerra rimossa dai partiti in gara

Alessandro de Angelis

La contorsione verbale più spettacolare è dell’avvocato del popolo: «L’Italia non è in grado di sopportare un nuovo sforzo bellico, perché siamo in recessione». Così Giuseppe Conte di fronte platea amica della festa del Fatto, dopo il blitz al festival “no war-no base” a Colato. Realizzato poi che la resistenza ucraina funziona perché nei cannoni non ci sono fiori, si corregge un po’: «Sono orgoglioso – due ore dopo a In mezz’ora in più – del sostegno all’Ucraina». Insomma, gli ucraini riconquistano spazi di libertà grazie a cannoni senza fiori (evviva!) ma «no escalation, la linea non cambia». Dicono che funziona, anche se non si capisce cosa significhi.

Morale: i fatti, con la loro testa dura (diceva il compagno Lenin), raccontano di una disfatta russa nel Donbass proprio nei giorni Putin ne aveva annunciato la conquista (15 settembre). Ma neanche questo riesce a scalfire una discussione, tutta italiana, che pare separata dal mondo: “autarchica”, il cui epicentro è tutto nazionale e tiene fuori la guerra, sia come analisi della situazione sul campo, sia come scossa in termini di emergenza energetica, migratoria, alimentare. E infatti aiuta la Meloni che è autarchica per definizione.

La contorsione verbale di Conte disvela quanta ipocrisia c’è stata e c’è nel variegato mondo del pacifismo nostrano. Qualche tempo fa si teorizzò addirittura il “dovere della resa” degli ucraini per non allungare una inevitabile agonia davanti all’invincibile armata di Putin. I pifferai magici di allora, nelle piazze e nei teatri, oggi invece tacciono, peraltro dopo aver preferito le vacanze all’organizzazione di un partito per far pesare in Parlamento tesi che, si diceva, intercettavano il consenso della maggioranza degli italiani. Però la rimozione riguarda anche, paradossalmente, chi nei fatti con la testa dura potrebbe trovare un assist per rivendicare la giustezza delle proprie convinzioni: un popolo che riconquista spazi di libertà non è un buon motivo per dare agli italiani, angosciati dai sacrifici, quantomeno il senso di una missione alta che li giustifichi?

In questo caso, nella prudenza, pesa la paura dell’impopolarità dei costi da sopportare (e ci risiamo con gli occhiali domestici), in un paese che vota col portafoglio. Soprattutto perché è sempre più vuoto. E le soluzioni sempre più complicate col povero Draghi stretto, dopo essere stato tirato giù, tra richieste di scostamento e logoramento sul decreto Aiuti. Diciamo le cose come stanno: la riconquista ucraina del Donbass rafforza Giorgia Meloni, che sulla collocazione atlantica ha posto in essere un lavorio politico non banale (vedi la visita di Urso a Kiev e in Polonia).

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