“No al nome di Conte nel nostro simbolo”. Vittoria di Grillo nel braccio di ferro M5S

Federico Capurso

Il simbolo del Movimento è pronto. Ci pensa Giuseppe Conte, accompagnato da Vito Crimi, ad affiggerlo alla bacheca del Viminale per la gioia dei fotografi, dopo aver depositato il contrassegno negli uffici del ministero. Nel marchio c’è sempre la scritta «MoVimento», con la tradizionale V maiuscola, le cinque stelle bene in vista e la data «2050» a indicare l’orizzonte temporale del loro programma di governo: «Avete visto che bel “rosso cuore”? Il coraggio ce lo mettiamo noi», scherza il leader M5S. Nel simbolo manca qualcosa, però. E lo notano in tanti. Non c’è la scritta «Conte presidente». Forza Italia, Lega, Azione, Impegno civico, tutti indicano il loro candidato premier. Non lo fa il Movimento e non è un dettaglio da poco, perché l’ex premier, fino a pochi giorni fa, era deciso a inserire il suo nome nel simbolo, convinto che il suo consenso personale avrebbe potuto fare da traino. Invece, niente da fare, Beppe Grillo non vuole.

Il Garante si è opposto e anche sul simbolo, del quale mantiene la proprietà e il controllo, impone la sua visione. Non vuole una eccessiva personalizzazione della sua creatura politica: «la nostra forza sono le idee», ha ripetuto a tutti quelli che hanno provato a convincerlo nell’ultima settimana. Conte sarebbe anche d’accordo, in linea di principio, ma nella sua applicabilità elettorale non è d’accordo proprio per niente. Il suo nome – ragionano i fedelissimi del capo – gode ancora di una forte popolarità: «È un errore non averlo usato e lo pagheremo». La figura di Conte, poi, non è ancora pienamente sovrapposta al simbolo del Movimento, i due mondi sono sovrapposti, ma non sono una cosa sola: un altro problema che si sarebbe potuto attenuare. Grillo però si è messo di traverso e anche stavolta l’ha spuntata. Nessuno scontro aspro come quello di qualche settimana fa sulle possibili deroghe per chi era al secondo mandato. Eppure, in questo modo, per la seconda volta in pochi giorni, viene offerta al mondo l’immagine di un partito in cui il leader può decidere molto, non tutto.

Non c’è però tempo per le recriminazioni. Conte deve correre per la presentazione delle liste. Martedì 16 agosto si terranno le “parlamentarie”, con gli attivisti chiamati a dare fino a tre preferenze online alla lista di candidati grillini. Nel regolamento pubblicato ieri spunta anche una nuova norma, in base alla quale gli iscritti saranno chiamati a votare, oltre ai candidati, un elenco di nominativi proposti dal leader, «selezionati anche tra coloro che hanno già proposto la propria autocandidatura», da inserire, «con criterio di priorità», nelle liste in uno o più collegi plurinominali. È il via libera alle pluricandidature e ai capilista decisi da Conte; l’unica strada possibile per cercare di attenuare nelle liste l’effetto negativo di non avere più la disponibilità di tanti big arrivati al limite di due mandati. A proposito dei due mandati, Conte ha deciso di inserire nel programma elettorale M5S, depositato ieri insieme al simbolo, una proposta di modifica costituzionale per introdurre un massimo di due legislature per i parlamentari di tutte le forze politiche. Mal comune, mezzo gaudio.

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