In politica non contano solo i nomi dei leader

di Beppe Severgnini

Molti hanno scelto di personalizzare il simbolo elettorale del proprio partito. Ma in Italia la scelta non è tra due persone e non si capisce che bisogno ci sia

La ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti di Italia viva, saluta con entusiasmo l’accordo fra Matteo Renzi e Carlo Calenda. Su Twitter scrive: «L’Italia, il noi, prima dell’io. Abbiamo fatto il Centro. Ora si parte, vento in spalla. #TerzoPolo». Per cominciare: si dice «vento in poppa» o «gambe in spalla» («vento in spalla» e «gambe in poppa», no). La passione della ministra del governo Draghi è umanamente e politicamente comprensibile: ma le metafore vanno rispettate, come i panda.

    C’è un’altra cosa interessante, in quel tweet. Senza volerlo — o se n’è accorta? — Elena Bonetti ha indicato due nomi perfetti per la nuova alleanza: «il Centro» e «Terzo Polo». Gli elettori — tutti noi, le persone che conosciamo o ascoltiamo — già indicano con questi termini l’alleanza tra Azione e Italia viva, novità di questa tornata elettorale.

    Ora abbiamo un centro, una sinistra, una destra. I nomi sono importanti. Devono essere chiari, e non bisogna nasconderli. Se lo facciamo, vuol dire che non ne siamo convinti, o ne abbiamo paura.

    «Centrodestra» è ormai un’indicazione anacronistica: se la destra italiana vuole governare, come sembra evidente, deve rinunciare alle foglie di fico linguistiche. Il centro, nel centrodestra, non c’è più. Dopo gli addii di Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Renato Brunetta, Forza Italia conta un po’ meno, e comunque è un partito di destra atlantica. Non è una parolaccia. Ce ne sono altri in Europa, dalla Germania all’Olanda, dalla Spagna alla Gran Bretagna.

    Lo stesso vale per «centrosinistra». Salpata Italia viva, e affondato — scusate: esploso — l’accordo tra Partito democratico e Azione, l’alleanza guidata da Enrico Letta appare saldamente ancorata a sinistra. Di nuovo: niente di cui vergognarsi. In questo secolo, in Italia e in Europa, la sinistra — come la destra — ha fatto di tutto: cose buone, cose discrete, cose pessime.

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