Di Maio: “Ormai non potevo più tacere, è una questione di sicurezza nazionale”

A Palazzo Chigi, però, in tutte le interlocuzioni avute con i 5 stelle, sono stati molto chiari: «Se create una crisi politica il governo è finito, non c’è più». L’idea di andare avanti con un appoggio esterno non è mai stata presa in considerazione da Mario Draghi, anche se era prevedibile che più ci si sarebbe avvicinati alla data delle elezioni politiche più la situazione della maggioranza sarebbe diventata ingestibile. Quanto alla risoluzione parlamentare prevista per martedì 21, in occasione delle comunicazioni del premier sul Consiglio europeo, anche su quella da Chigi sono stati molto chiari: se i 5 stelle non rinunciano all’idea di vincolare l’invio di nuove armi a una decisione del Parlamento, il governo finisce. A Conte è stato riferito esattamente con queste parole. E senza subordinate.

È quindi probabile che per riuscire a giustificare davanti ai suoi parlamentari e agli elettori una posizione più morbida sulla risoluzione, l’ex premier abbia bisogno di “scomunicare” Di Maio. In modo che qualsiasi compromesso non sia interpretato come un cedimento alla visione dell’ex capo politico. Questo però non gli eviterà problemi. Lo è già il richiamo di Grillo sul mantenimento del vincolo del doppio mandato: se fosse così, a mettersi di traverso sarebbero infatti molti dei fedelissimi del nuovo leader, a partire da Paola Taverna, e tenere i gruppi coesi – a parte chi vorrà seguire Di Maio in una probabile nuova avventura – non sarà affatto facile. Lo hanno capito anche nel Pd. «Sono preoccupatissimo – ha detto ieri ai suoi Enrico Letta – perché stavolta vanno fino in fondo».

LA STAMPA

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