La guerra del grano nel Terzo mondo riapre la competizione fra due blocchi

La guerra offre ai padroni del mondo povero una grande occasione politica, una miracolosa acqua della giovinezza. Nello scontro tra i blocchi, Occidente e Eurasia russo cinese, che ormai si delinea come scenario del futuro, possono lucrosamente mercanteggiare il proprio appoggio ora all’uno ora all’altro dei contendenti. Perfino gli alleati più servili fino ad ora dell’America o della Francia potranno alzare il prezzo della loro fedeltà al «mondo libero» minacciando di passare con disinvoltura alle tenebre confortevoli delle autocrazie a cui peraltro assomigliano. Il Mali dei golpisti che hanno cacciato i francesi che erano lì da due secoli con i loro pantofolaio tran tran da neocolonialisti per far posto, negli affari e nella sicurezza, ai russi, è un pioniere da studiare come caso scuola. Nella nuova situazione geopolitica molti sono tentati dall’imitarli.

Il rischieramento dei Paesi del Terzo Mondo non avverrà più come ai tempi della prima Guerra fredda. Negli anni Sessanta e Settanta, i «non allineati» si legarono al campo del socialismo reale sovietico e cinese in nome di una nuova organizzazione più equa del mondo e dell’opposizione al Nord imperialista. Questa volta sceglieranno in nome dei propri interessi. Nella Seconda Guerra fredda, rubando le parole a lord Gladstone, americani ed europei non avranno più amici e soci permanenti e sicuri ma solo alleati liquidi, perennemente in bilico, a scadenza. Il mondo passato dal defunto Nuovo Ordine americano al caos retto dal diritto del più forte offre al resto del pianeta larghi spazi di manovra.

Proviamo ora a guardare alla carestia dal punto di vista delle plebi affamate. La rivolta del pane è spesso l’anteprima del meccanismo rivoluzionario. Si saccheggia il supermercato soprattutto in Africa e poi si passa alla caserma di polizia, al palazzo di Giustizia al ministero degli Interni. Sorgono le barricate, i Gavroche lanciano pietre, il vecchio mondo va in pezzi. La rivoluzione è soprattutto un regolamento di conti. La Prima Guerra fredda offrì ghiotte occasioni anche ai rivoluzionari invocati da Fanon, contribuì al crollo definitivo della catapecchia colonialista. Allora esisteva una classe rivoluzionaria, leader che si erano abbeverati al pensiero ribelle alla Sorbona o alla moscovita università Lumumba. C’era già tanfo di caserma e di monopartitismo nel loro pensiero, ma erano rivoluzionari. Oggi la società civile che si oppone con coraggio e tenacia ai regimi africani dall’Algeria al Sudan alla Nigeria è ideologicamente debole, assomiglia agli spontaneisti delle ingenue e sconfitte primavere arabe.

A trarre profitto dalle rivolte della fame potrebbero essere i rivoluzionari con la bandiera nera dei califfati, gli uomini di al Qaeda e dell’Isis che guardano con golosa soddisfazione alla guerra in cui «i crociati cristiani», russi e occidentali, lottano tra loro aprendo radiose occasioni per il jihad universale. Ad armare le rivolte del pane, a disciplinarle, a offrire parole d’ordine alla disperazione, saranno loro.

LA STAMPA

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.