Aquila, la tragedia all’asilo e le parole dell’11enne sull’auto: «La macchina è partita, non so perché. Mi fa male la testa»

di Virginia Piccolillo

Oggi nuovi accertamenti. Il commento del papà della vittima dell’incidente: «Non portiamo rancore. Né a quella donna, né al bambino che era nella macchina. Ci rendiamo conto che è una tragedia per tutti»

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«Non ho toccato quel pulsante. Non sono stato io a togliere il freno a mano. La macchina è partita. Ma non lo so perché. Ho provato a fare qualche cosa. Ma non mi ricordo. Mi fa male la testa». Gli accertamenti sull’incidente nell’asilo «Primo Maggio» dell’Aquila, dove mercoledì un bambino di 4 anni è morto e altri cinque sono stati travolti, ripartono dal racconto confuso di un altro bambino, di undici anni e mezzo, ancora sotto choc al centro di un’inchiesta in cui la madre è indagata per omicidio stradale. E da un giallo: perché il freno a mano non ha funzionato?

«Non portiamo rancore. Né a quella donna, né al bambino che era nella macchina. Ci rendiamo conto che è una tragedia per tutti» dice attraverso il suo avvocato, Tommaso Colella, il papà della vittima, Patrizio D’Agostino.

Si commuove a quel perdono a distanza la proprietaria dell’auto fuori controllo: «Sono parole bellissime. Ci aiutano in questi momenti terribili in cui siamo tutti distrutti. Un po’ ci sollevano. Ringrazio tanto il papà e la mamma di Tommaso. Il nostro pensiero è sempre a loro. La loro tragedia e anche la nostra. Vorremmo tanto che non fosse mai accaduto», dice al Corriere attraverso il suo legale Francesco Valentini che ancora non ha ricevuto alcuna convocazione per l’interrogatorio della donna, una casalinga di 38 anni di orgini bulgare come il marito, da molto tempo integrata in città.

Stamattina ci saranno nuovi accertamenti nella scuola dove molti portano fiori bianchi e bigliettini dedicati al piccolo Tommaso «volato in cielo». Si cercherà di ricostruire quella manciata di minuti, forse solo secondi, di panico puro nei quali si è consumato il dramma di questo ragazzino, rimasto a bordo della Volkswagen Passat mentre la madre andava a prendere le due sorelline all’asilo.

La proprietaria dell’auto ha riferito al difensore anche quello che il figlio maggiore ha tentato di spiegare allo psicologo che lo ha ascoltato per conto della procura mercoledì sera. E ciò che lei, appena arrivata al parco giochi ha visto con i suoi occhi: l’auto che veniva giù senza controllo dalla rampa troppo breve per concedere il tempo di una sterzata, che l’undicenne è convinto di aver tentato prima di cercare di scappare dal finestrino, ma finiva contro la recinzione e verso i piccoli, dando anche un forte colpo alla testa. «Ho cercato di fermarla. Con le mani. Ma non ce l’ho fatta», ripete. Mentre l’avvocato smentisce la frase attribuita al ragazzo: «L’ho ucciso io quel bambino». «Non l’ha mai detta», assicura.

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