Azovstal, la resa dei mille evacuati. «Ma i comandanti sono ancora dentro»

di Marta Serafini

I video russi mostrano i militari del Battaglione: «Stiamo bene, ci curano e mangiamo». Da parte russa l’annuncio che saranno interrogati: «Per giudicarli un tribunale internazionale»

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DALLA NOSTRA INVIATA
ZAPORIZHZHIA — Altri 694 fuori. E sono mille, secondo Mosca, i militari evacuati fin qui dall’Azovstal. Un numero che coincide con quello dichiarato nei giorni scorsi dai militari di Kiev che parlavano di un migliaio di militari asserragliati dentro l’acciaieria. Ma che non trova, per il momento, nessuna conferma ufficiale sul lato ucraino .

I video russi

Ieri, ancora una volta, sono stati i video russi a mostrare gli «irriducibili» in uscita dall’impianto di Mariupol. In un primo filmato si sente un uomo sostenere di avere accesso a cibo e medicine, mentre un altro dichiara di essere stato medicato. In un secondo video, un militare con una ferita alla testa spiega di essere ben nutrito e accudito e di non essere sottoposto ad alcuna pressione fisica o psicologica. Difficile dire se siano parole dette liberamente. Così come è ancora tutto da capire quale sarà il destino dei militari dell’Azov che per ora sono o saranno trasportati in territorio controllato dai russi.

Ma ancora prima resta un ultimo grande interrogativo cui rispondere. Perché non è ancora dato sapere quanti siano gli uomini rimasti dentro l’acciaieria. Secondo Denis Pushilin, il capo dell’autoproclamata repubblica di Donetsk, «comandanti di altissimo livello» si nascondono ancora nello stabilimento. Un ultimo manipolo di uomini, dunque, tra cui Denis Prokopenko. Il 30enne comandante «Redis», il suo soprannome di quando era un ultrà della Dinamo Kiev, un tempo studente di filologia germanica all’università di Kiev e oggi medaglia dell’Ordine della Croce d’oro per diretta concessione del presidente Volodymyr Zelensky, è forse la preda più ambita da Mosca. Insieme a lui sono attesi al varco gli altri del battaglione: il vicecomandante Sviatoslav «Kalyna» Palamar e il capo dell’intelligence Ilya Samoilenko, detto Cyborg per il braccio in titanio e l’occhio di vetro, eredità della guerra. Così come il maggiore-padre di famiglia Serhiy Volyna, volto dell’esercito tradizionale finito a difendere l’ultimo lembo di Mariupol ucraina insieme agli intrepidi di Azov, atteso fuori dalla moglie Ruslana e da un figlio piccolo. Mentre le due parti continuano ad accusarsi a vicenda, nessuno si è azzardato a rivelare alcun dettaglio dell’accordo che ha portato alla resa.

Gallery: Ucraina, i combattenti ucraini escono dall?acciaieria Azovstal di Mariupol dopo 82 giorni di assedio

Gli accordi della resa

«Lo Stato si sta adoperando al massimo per portare a termine i soccorsi dei nostri militari. Aspettiamo. Attualmente, la priorità l’importante è salvare le vite dei nostri eroi», ha dichiarato il portavoce militare Oleksandr Motuzaynik ricordando come «qualsiasi informazione potrebbe mettere in pericolo questa operazione». Parole cui hanno fatto eco quelle del sindaco di Mariupol Vadym Boichenko che ha sottolineato come «la questione è molto delicata e non è possibile dire di più per il momento». Meno cucite le bocche sul lato russo. Il comitato investigativo di Mosca ha già annunciato l’intenzione di interrogare i soldati, senza indicare però se verranno trattati come sospetti di crimini di guerra o se verrà concordato loro lo status di prigionieri di guerra in accordo alle Convenzioni di Ginevra. Il tutto mentre Pushilin auspica la creazione di un «tribunale internazionale» per decidere il «destino» dei soldati e il leader ceceno Ramzan Kadyrov, le cui forze hanno partecipato alla battaglia per Mariupol, scandisce che il reggimento Azov «deve essere punito dalla legge». Parole che rendono poco probabile lo scambio di prigionieri ipotizzato dalle autorità ucraine nei giorni scorsi.

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