Emergenza grano, anche l’India dice no all’export: quali effetti su Europa e Italia? “Si rischia una crisi dei prezzi senza precedenti”

Giampiero Maggio

Esattamente un mese il ministro del Commercio e Industria dell’India Piyush Goyal sull’onda della guerra in Ucraina e delle conseguenze sull’export di alimenti, in un tweet, aveva scritto: “Gli agricoltori indiani hanno messo da parte un eccesso di riserve e sono pronti a sfamare il mondo”. Un mese dopo quel tweet del 15 aprile l’India fa una clamorosa retromarcia (anche a causa della siccità e del caldo che minano i raccolti) e, da secondo produttore al mondo di grano dopo la Cina, decide di bloccare l’export di una materia prima fondamentale rischiando di causare, dopo il blocco imposto dalla guerra tra Russia e Ucraina, una vera e propria crisi alimentare a livello globale.
Ma quali potranno essere gli effetti sull’Europa e sull’Italia? Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ieri, ha comunicato che domani sarà a New York con Blinken e i principali Paesi della comunità internazionale «che si stanno coordinando sul tema della crisi, perché a livello di Nazioni Unite faremo una serie di iniziative per cercare di abbassare i prezzi del grano e del pane, che stanno colpendo anche le famiglie italiane, ma anche nel Mediterraneo e nel Nord Africa». Così, se da un lato la strategia di Putin, bloccando il grano destinato anche ai Paesi del Nord Africa è chiaro (affamare milioni di persone causando un’ondata migratoria in Europa e nel Mediterraneo), dall’altro, il dietrofront indiano ha fatto scattare una sorta di “allarme rosso”.
La decisione dell’India di vietare, con effetto immediato, tutte le esportazioni di frumento è il tentativo di proteggere la sicurezza alimentare nazionale anche in virtù del grande caldo che sta mettendo a rischio molti raccolti, ma questo ha fatto scattare la paura per un ritorno ad una politica “protezionistica”. Anche perché l’Occidente, ma anche in Paesi del Nord Africa, avevano fatto affidamento – soprattutto dopo le parole di Goyal – sul secondo produttore mondiale di grano per le forniture dopo il crollo delle esportazioni dalla regione del Mar Nero in seguito all’invasione russa dell’Ucraina alla fine di febbraio. Vale la pena ricordare – numeri alla mano – la classifica dei Paesi che producono ed esportano questo prodotto nel mondo. Intanto, ogni anno, nel mondo vengono prodotte 749.467.531 tonnellate di grano. La Cina è il più grande produttore (131.696.392 tonnellate all’anno), poi l’India (93.500.000 tonnellate), quindi la Russia è terza con 73.294.568 tonnellate, seguita da Usa (62.859.050 tonnellate) e Canada (30.486.700). L’Italia? Solo al 19° posto in classifica con 8.037.872 tonnellate. Si capisce bene, dunque, l’importanza della Russia in questo mercato e quanto fondamentale potesse essere il canale indiano. Prima del divieto, infatti, l’India puntava a spedire un record di 10 milioni di tonnellate all’estero: quasi 10 volte tanto quanto ne aveva esportato due mesi fa.
Il rischio di una crisi alimentare e il caro prezzi
«Ora i Paesi Occidentali rischiano seriamente di fare i conti con una crisi alimentare senza precedenti» dicono i grandi del G7. La decisione di chiudere l’export da parte dell’India non è stata accolta con favore, ma con forte pessimismo: «Questa decisione servirà solo ad aggravare la crisi di approvvigionamento» hanno dichiarato i grandi del G7. E gli effetti negativi potranno esserci anche per l’India e il suo mercato interno. Gli effetti si sono visti immediatamente sui mercati: così i futures sul grano alla Borsa di Chicago sono saliti del 6% dopo il blocco dell’export da parte dell’India che l’India ha vietato l’esportazione del grano a causa di un’ondata di caldo che ha limitato la produzione e fatto alzare i prezzi, minacciando peraltro l’ offerta globale in un momento in cui le spedizioni dal Mar Nero rimanere interrotte. Il quadro generale dell’offerta di cereali appare preoccupante, secondo gli analisti, a causa anche dei magri raccolti di grano e orzo francesi nel più grande Paese produttore di cereali dell’UE, anch’essi colpiti dal clima secco.
Allarme in 53 Paesi
Tra guerra, crisi climatica ed effetti sull’agricoltura a livello globale e la decisione dell’India di chiudere alle esportazioni, ora scatta l’allarme carestia in ben 53 Paesi dove la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione e risente quindi in maniera devastante dall’aumento dei prezzi di grano e riso. Lo dice la Coldiretti che, nel dire ciò, sottolinea anche che la situazione genererà un aumento dell’inflazione che nei Paesi dell’Eurozona potrà volare al 6,1% mentre nei Paesi poveri si allargherà l’area dell’indigenza alimentare.

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