Così lo Zar affama il pianeta

Domenico Quirico

Accade sempre così. La cosiddetta situazione mondiale è materia infiammabile, non è possibile rinchiuderla in casseforti ignifughe. Da qualche parte lontano, in Ucraina, c’è la guerra ma negli altri luoghi del mondo è invisibile, impercettibile nelle strade animate, i marciapiedi lì sono pacifici e grigi, e nel cielo si libra su tutto la normalità quotidiana come un dirigibile silenzioso. Da qualche parte, lontano, in Europa c’è la guerra ma altrove per fortuna non sanguina, è come se fossimo alla fine dell’universo. Invece anche lì non c’è più la pace. La guerra si è allargata in cerchi sempre più vasti, senza chiasso, ogni giorno cambia volto e nome. Tutto comincia a dissolversi, a decomporsi, a diventare amorfo come dicono i chimici. È sempre lei la guerra. Ma mentre in Ucraina è battaglia con bombe e fucili, là si chiama carestia, fame. Nel nostro Occidente il problema principale, ossessivo è il prezzo del gas e della benzina e già ci pare uno sfregio intollerabile e subdolo che la guerra del Donbass ci impone. nell’immenso mondo dei poveri, dei “senzatutto” l’onda sismica fa oscillare invece il prezzo del pane che non a caso in molti luoghi, come in Egitto, si chiama proprio così, semplicemente: «vita».

Dovremmo sempre provare a scendere un poco più in basso perché con la guerra c’è chi se la cava meglio e chi se la cava peggio. E prendere atto della spaccatura che l’aggressione di Putin ha già inferto. Di qua noi con i dibattiti sull’orario in cui sarà lecito ed eroico tener acceso il salvifico condizionatore. Di là i due terzi del mondo, quello che non conta, che è invece alla ricerca disperata di grano per sfamarsi. Perché per la guerra è meno disponibile sul mercato ed è quasi raddoppiato nel prezzo a tonnellata da risultare al di sopra dei loro mezzi. Russia e Ucraina sono i maggiori esportatori di quei 250 milioni di tonnellate di grano che permettono di alimentare il mondo soprattutto quello più povero che non ne produce abbastanza. Ora sei milioni di tonnellate ucraine sono bloccate nei porti di Odessa, Mariupol e Nykolaiv, diventati teatro di dure battaglie e soffocate dal blocco navale russo nel Mar Nero. La Russia che è il primo esportatore mondiale davanti agli Stati uniti è assediata dalle sanzioni che la escludono tra l’altro dai mercati finanziari e rendono difficili i pagamenti. In più Mosca ha già annunciato che ridurrà le forniture proprio ai suoi clienti più vicini e fedeli dal punto vista politico, che non hanno aderito alla linea dura occidentale, Bielorussia Armenia Kazakhstan e Kirghizstan. I mercati si sa vivono di euforie e paure: i prezzi sono subito balzati alle stelle. Si teme che la Russia in questo modo annunci la volontà di riempire i suoi stock strategici in vista di una guerra lunga e di una lunga resistenza all’assedio occidentale.

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