Putin alla parata del 9 maggio: «Volevano invaderci». Perché lo zar è stato così prudente?

«E dell’ultima via ho letto il nome, a Brest, a Minsk, a Lublino, a Varsavia…». A un chilometro dalla piazza Rossa è l’apoteosi. «Fino a Berlino», urla la folla, intonando il ritornello della canzone più celebre di Leonid Utesov, che fu uno degli artisti più amati dell’Urss. La pioggia gelida non si porta via l’entusiasmo. E neppure le consuete teorie alternative sui misteri del Cremlino. Dagli aerei che dovevano alzarsi in volo e invece non lo hanno fatto, ma c’erano nuvole nere su Mosca.

Il numero due

Fino all’assenza del capo di stato maggiore Valerij Gerasimov, che dal 2009 al 2012, quando era numero due dell’esercito, aveva guidato la parata, ma dopo la promozione non è più apparso in pubblico assieme alle altre due persone in possesso dei codici nucleari, Putin e il ministro della Difesa Sergei Shoigu, proprio come ieri. Quel che invece dovrebbe rimanere, e di cui bisognerebbe tenere conto, è l’impasto di orgoglio e patriottismo che pervade l’anima dei russi, non solo quella di Putin. «Sono pronta a tramandare questa tradizione ai miei figli», dice Yelena, che è ancora giovane e fa capire che a lei l’Operazione militare speciale non piace. Per tante ragioni, dice. Una potrebbe essere la seguente. Sia l’attore-cantante Bernes tanto amato dal giovane Vladimir che il bardo Utesov, erano entrambi nati e cresciuti in Ucraina.

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