Cosa succede se scoppia la guerra tra Russia e Ucraina?



Il governo in Ucraina
La ragione prossima della «guerra ibrida» con l’invio di una presunta forza di peacekeeping può essere di mantenere l’ordine durante uno pseudo-referendum d’indipendenza che stacchi il Donbass dall’Ucraina e lo congiunga alla Russia (come avvenuto in Crimea nel 2014). Ma il motivo profondo è duplice: destabilizzare il governo di Kiev per poi sostituirlo, alla lunga, con un governo filo-russo come in Bielorussia; creare una situazione ambigua nella quale europei ed americani potrebbero dividersi sull’opportunità di approvare sanzioni particolarmente dure. Putin è consapevole che l’opinione pubblica dell’Europa occidentale non vuole rischiare una flessione dell’economia in nome dell’Ucraina e cercherà di far forza su questi aspetti. Naturalmente quella del dittatore russo è una scommessa ad altissimo rischio però. L’ingresso del suo esercito in Donbass può innescare una risposta militare degli ucraini che può rendere lo stato di guerra aperta fra i due Paesi inevitabile. In quel caso le sanzioni euro-americane contro Mosca sarebbero durissime e la Russia può reagire tagliando le forniture di gas naturale a Germania, Italia, Francia. E noi non saremmo in grado di sostituire rapidamente tutto il gas russo con altre fonti: dovremmo, per forza, applicare un po’ di austerity energetica riducendo i consumi.

L’Italia e la crisi in Ucraina
Di certo l’Italia specificamente ha molto da perdere se la crisi innescata da Putin finisse fuori controllo, perché è la terza economia dell’Unione europea in termini di fatturati dell’export verso la Russia e la decima nel mondo. Le sanzioni potrebbero fermare gran parte di questi scambi. Nel 2020 l’Italia ha venduto prodotti e servizi in Russia per 10 miliardi di dollari, secondo i dati di Trading Economics, con una prevalenza di macchinari industriali (tra cui reattori nucleari), apparecchi elettrici o elettronici, moda e farmaci. Non sarebbe la prima volta però che l’export italiano subisce contraccolpi a causa delle sanzioni contro la Russia. Il «made in Italy» verso Mosca valeva oltre 14 miliardi di dollari nel 2013, ma nel 2016 si era già dimezzato a causa delle misure prese dall’Unione europea (con l’appoggio di Roma) per l’annessione della Crimea.

Altre difficoltà verrebbero poi soprattutto dal possibile, drastico crollo delle forniture di gas dalla Russia tramite l’Ucraina. I tre rigassificatori presenti nel Paese oggi non sono in grado di sostituire del tutto l’ammanco di volumi di Gazprom con il gas liquefatto che potrebbe arrivare dal Qatar o dagli Stati Uniti. E le infrastrutture dei gasdotti europei, a causa delle strozzature fra Spagna e Francia, non permettono all’Italia di accedere ai servizi dei rigassificatori iberici. Una guerra in Ucraina avrebbe dunque un impatto molto duro sull’Italia, obbligando il Paese a un rapido contenimento dei consumi. Sarebbe uno choc non molto diverso da quelli già vissuti negli anni ’70 per l’embargo Opec dopo la guerra dello Yom Kippur o dopo la rivoluzione komeinista in Iran.

CORRIERE.IT

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