I leader irritati dal metodo Draghi. Salvini: dica cosa vuole fare sul Colle

Ilario Lombardo

ROMA. È una fase strana della politica questa. In cui tutti i leader sono in grado di dire una cosa e pensare contemporaneamente a due, tre scenari differenti. Quel che è certo è che nei partiti, ai vertici come nella pancia parlamentare dove si agitano i peones, sta crescendo la voglia di stanare Mario Draghi, di costringerlo a uscire dal silenzio in cui il presidente del Consiglio ha avvolto il suo destino e, di conseguenza, quello del governo, del Quirinale, e della legislatura.
L’esempio più eclatante sono i due segretari che più si avversano tra di loro, Enrico Letta del Pd, e Matteo Salvini della Lega. Il secondo lo ha detto chiaramente ad alcuni leghisti: «Draghi non può giocare con noi, e tenerci sotto ricatto. Deve dire cosa vuole fare, se vuole andare al Quirinale o meno». Entrambi i segretari non hanno preso bene che ieri il premier abbia dato inizio a tre giorni di confronto sulla manovra con i gruppi parlamentari dei partiti di maggioranza. Gli avevano chiesto sì un tavolo, ma dei leader, non dei capigruppo. Era stato Letta, in un’intervista a La Stampa, a proporre un summit sulla legge di Bilancio. Un’idea subito dopo rilanciata da Salvini, eternamente alla ricerca di uno spazio di rappresentanza tra le decisioni del governo. Una proposta che poi avevano in qualche modo sgonfiato prima il presidente del M5S Giuseppe Conte e poi il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, suggerendo di aprire ai capigruppo. Il risultato è che, alla fine, la scelta di Draghi è suonata come una sconfessione di Letta e di Salvini.

Il leghista non l’ha presa bene. Proprio ieri, poche ore prima che il premier incontrasse i 5 Stelle, il segretario del Carroccio ha convocato una conferenza per presentare modifiche alla legge di Bilancio che avrebbero bisogno di ben altre risorse rispetto a quello disponibili. Ma Salvini non si è limitato a parlare dei margini stretti della finanziaria. Si è anche unito al coro di chi chiede che Draghi resti dov’è. In mattinata era stato Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, e candidato del centrodestra al Colle, a invitare il premier a continuare a Palazzo Chigi fino al 2023. «Condivido. – ha risposto Salvini – Draghi sta lavorando bene. Mi auguro che continui a lavorare a lungo e a fare il presidente del Consiglio». Se è abbastanza ovvio che il leghista lo abbia fatto per dare una sponda alla candidatura di Berlusconi al Colle, lo è meno il sottinteso tattico che ci sarebbe dietro quella dichiarazione. E che il leader, stufo dell’atteggiamento dell’ex banchiere centrale, ha condiviso con i suoi collaboratori e fedelissimi: «Draghi deve smetterla di tenerci a distanza, per andare al Colle deve fare i conti con noi».

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