Alta tensione nel M5S, Conte e Di Maio ai ferri corti

Annalisa Cuzzocrea

È come se il terreno su cui Mario Draghi ha finora camminato sicuro, fosse diventato sdrucciolevole. Come se niente, improvvisamente, fosse più facile com’era stato: non l’approvazione della manovra di Bilancio, sulla quale nessun accordo è ancora chiuso. Non la prosecuzione del governo nei mesi che precedono l’elezione del capo dello Stato, perché i segnali di instabilità sono quotidiani.

C’è l’inspiegabile gioco di Lega, Forza Italia e Italia Viva, che al Senato votano con Fratelli d’Italia facendo andare sotto il governo. Rendendo visibile, plastica, una maggioranza alternativa a quella che regge l’esecutivo. E c’è una spaccatura ormai evidente dentro il Movimento 5 stelle che porta uno dei suoi più autorevoli esponenti a dire: «Dopo il tradimento sulla Rai siamo costretti a reagire».

Non si tratta solo di non mandare i propri esponenti nelle trasmissioni della tv di Stato, scaramuccia di poco valore e di scarsa fattibilità (non appena Conte ha pronunciato la fatwa, i suoi parlamentari pensavano a quando e come disattenderla). Si tratta, più seriamente, di preparare centinaia di emendamenti alla manovra. Altro che tavolo per evitare il Vietnam sulla legge di Bilancio, come proponeva Enrico Letta. Il rischio, adesso, è che il Vietnam sia scientemente cercato da chi si sente tradito, quasi irriso, dalle ultime decisioni di Mario Draghi. E da un fronte interno rappresentato da Luigi Di Maio.

Il presidente M5S non ha preso bene l’attivismo del ministro degli Esteri: non ha gradito le frasi, riportate da La stampa, secondo cui a un tavolo con Matteo Salvini non è possibile sedersi, come invece Conte aveva accettato di fare. Men che meno ha ritenuto accettabili gli incontri con l’amministratore della Rai Carlo Fuortes, con il quale il capo della Farnesina è accusato dai suoi avversari interni di aver trattato parallelamente. Senza alcun mandato per farlo.

Che sia vero o no, il punto è che basta il sospetto ad avvelenare tutto. Nel quartier generale del presidente M5S ieri sono stati ripercorsi i passaggi. E la conclusione è stata che l’umiliazione brucia troppo per poter continuare facendo finta di nulla. Non solo perché sulla Rai nessuna delle proposte avanzate dal leader del Movimento è stata accolta da Draghi, neanche – in extremis – quella di portare Simona Sala al Tg1 al posto di Monica Maggioni. Ma perché a far male più di tutto è pensare che il governo abbia voluto assicurare qualcosa alla Lega e a Fratelli d’Italia, ma nulla al Movimento tendenza Conte. Perché, questa l’accusa, Di Maio avrebbe mandato segnali di apprezzamento sia per Sala che per Maggioni. Avrebbe insomma fatto credere che per i 5 stelle potesse andar bene così e che alla fine si sarebbero allineati.

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