Autodenuncia di un italiano privilegiato

di MICHELE BRAMBILLA

I sindacati litigano con il governo sulle pensioni, su Quota 102 o 104, insomma litigano per tutelare gli interessi di chi oggi ha più o meno fra i 60 e i 64 anni. Ma siamo sicuri che sia quella la fascia di età che ha più bisogno di una battaglia sindacale? E non piuttosto i giovani, che fanno una fatica del diavolo a trovare lavoro e in pensione ci andranno forse a 80 anni, e con assegni miserrimi? Mi autodenuncio: sono nato il primo novembre del 1958 e faccio quindi parte della categoria più privilegiata della storia d’Italia, quella nata fra la fine degli anni Cinquanta e la metà dei Sessanta.

La nostra generazione è la prima della storia a non avere conosciuto una guerra; e, rispetto a quelli nati fra il 1946 e il 1958, neanche gli stenti del dopoguerra. Siamo la prima generazione ad aver conosciuto il benessere: il frigorifero, la lavatrice, la televisione, le vacanze al mare, i regali di Natale, l’automobile di papà. Siamo stati bambini negli anni del boom. L’Italia era lodata in tutto il mondo, era il Paese del ‘miracolo economico’. Uno scrittore, Carlo Castellaneta, chiamò i Sessanta gli ‘anni beati’: e la musica leggera, i Carosello, il varietà di quel tempo trasmettono infatti un’immagine spensierata. Di ottimismo, di fiducia nel futuro.

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