Scuola, il ministro Patrizio Bianchi: “Mai così tanti i soldi per l’istruzione. Subito più posti nei nidi”

di Riccardo Luna

“È stato un anno in cui come italiani abbiamo ripristinato un’idea di Paese. Hanno contribuito tanti fattori, anche certi successi sportivi che nessuno si aspettava. E anche la scuola ha vinto la sua medaglia d’oro che in pochi credevano: la medaglia d’oro della fiducia. Abbiamo avuto fiducia nel riaprire le scuole, abbiamo avuto fiducia che la scuola avrebbe superato la pandemia, inventando in alcuni casi una didattica nuova. E la scuola ha vinto”. Patrizio Bianchi è nel suo ufficio di ministro dell’Istruzione di viale Trastevere. Di solito a questo punto dell’anno il malcontento iniziava a montare e il titolare del ministero è il destinatario delle proteste. Invece dalla strada si sente ogni tanto solo il suono delle ambulanze dirette ad un vicino ospedale: niente cortei, per ora.

“È giusto che da sempre gli studenti vogliano cambiare il mondo, meno male! Sono pochi gli adulti che riescono a non perdere questa attitudine. Con i ragazzi dobbiamo parlare”. Poi il riferimento a quello che Greta Thunberg ha detto qualche settimana fa a Milano: “Anche il bla-bla-bla a volte serve per conoscersi e costruire cose nuove”. ll ministro dell’Istruzione è così: rifugge dagli slogan e dalle frasi ad effetto (“certe cose mica si possono spiegare con un tweet”); preferisce ampi ragionamenti fatti con gesti eloquenti e una bonomìa d’altri tempi. Gli portiamo una ricerca che gli avevamo promesso sulla scuola del futuro, fatta intervistando un campione di diplomati, insegnanti e genitori con figli a scuola. Per andare oltre il dibattito – fuorviante – “Dad o non Dad”, come se la scuola, per superare un anno difficilissimo, dovesse tornare indietro.

Partiamo da un dato: per il 72% la scuola è il primo problema da affrontare per il futuro dell’Italia. Non sono mai stati così tanti, perché?
“Perché durante la pandemia ci siamo accorti di quanto ci è mancata; siamo tornati ad apprezzare l’idea che la scuola è il pilastro delle nostre comunità, il posto dove non solo si apprendono le varie discipline, ma si impara a vivere insieme”.

Il secondo dato dice che per i genitori, e ancora di più per gli insegnanti, i ragazzi sono usciti più fragili dai mesi in Dad.
“Credo che la pandemia ci abbia messo davanti agli occhi i problemi dei nostri figli che non sono nati con la didattica a distanza. C’era bisogno di rimettere gli studenti al centro di una scuola in grado di essere anche affettuosa”.

Gli affetti sono fondamentali, ma quasi tutti sono concordi nel dire che alla scuola mancano risorse: col Pnrr non sarà più così.
“Non ci sono mai stati tanti soldi per la scuola. Con due obiettivi principali: il primo investire sugli ambienti scolastici, metterli in sicurezza ma anche modificarli per una didattica più partecipata, con più laboratori, con aule in grado di adattarsi a diverse esigenze. Il secondo, permettere ai ragazzi di tutto il Paese di avere le stesse opportunità per combattere la dispersione che colpisce soprattutto il Sud. Questo vuol dire ad esempio aumentare i nidi”.

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