Lega e il Pd, ora parte la trattativa sul Quirinale e sulla data del voto

In effetti le urne consegnano un centrodestra privo al momento di guida e di linea politica, logorato da una competizione per la leadership tra Salvini e Meloni, che invece di indicare un vincitore è finita con due sconfitti. Il caos emerge dall’urgenza con la quale ieri la leader di FdI ha chiesto un vertice della coalizione, ammettendo che tra alleati ci sono «posizioni diverse». Ecco perché persino esponenti della segreteria dem accarezzano (e non da oggi) l’idea di approfittarne, sfruttando l’attuale sistema di voto che — secondo i loro calcoli — permetterebbe di conquistare dei collegi al Nord, e grazie ai grillini buona parte di quelli al Sud. Conte sarebbe stuzzicato dalla prospettiva. Tanto che, dinnanzi alle richieste di quanti nel Movimento chiedono il proporzionale, l’ex premier ha fatto il pesce in barile: «Anche a me piacerebbe, ma non vorrei rompere con Letta…».

Ieri il segretario del Pd ha formalmente scartato l’ipotesi del voto anticipato, citandola. Un’abile mossa, funzionale intanto a tenere uniti i gruppi parlamentari, dove c’è chi esorcizza l’eventualità delle urne, avvisando che «sarebbe il Papeete di Enrico». Se «Enrico» frena è anche per un altro motivo: vuole provare ad allargare il campo del centrosinistra, strappando agli avversari i centristi tendenza Letta (Gianni) che mostrano insofferenza verso i sovranisti. Immaginare una «coalizione Ursula» insieme a Berlusconi è irrealistico: il Cavaliere si muoverebbe solo per il Colle. Letta (Enrico) potrebbe ugualmente riuscire nell’impresa se, con Draghi al Quirinale, si formasse un nuovo governo senza la Lega. In ogni caso i centristi dell’altra sponda chiedono a garanzia una legge elettorale proporzionale. Come spiega il capogruppo di Coraggio Italia, Marin, «proprio questa legislatura, con i suoi tre diversi governi, dimostra che il maggioritario non porta al bipolarismo».

Così si torna al punto di partenza. E se la trattativa sul «pacchetto» non si sblocca, è perché le variabili sono numerose e bisogna fare i conti con i numeri necessari per eleggere il capo dello Stato. I grillini come Buffagni, per esempio, sono consapevoli che sulla partita della legge elettorale e del Colle, il Movimento non solo non è in campo ma neppure in panchina. Sta in tribuna. È vero che Di Maio — come rivela una fonte autorevole del M5S — incontra riservatamente molte personalità: da ultimo anche Cantone, Severino e Veltroni. «Ma noi che siamo il gruppo di maggioranza relativa — ha detto Buffagni a un gruppo di cinquestelle — non possiamo agire di rimessa. Dobbiamo incidere sulla scelta del Quirinale, evitare le elezioni anticipate e puntare sul proporzionale per sfuggire all’abbraccio mortale che ci porterebbe ad essere residuali». E siamo appena ad ottobre…

CORRIERE.IT

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