Lo specchio appannato della democrazia


Quest’ultima nella sua povertà di carta e d’inchiostro, nella forza ubiqua e contemporanea dei suoi link, nello sforzo di bucare la superficie apparente della giornata per recuperare il significato vero delle cose – cioè in una ricerca di senso – è addirittura l’infrastruttura di base della costruzione democratica, come certifica il Nobel. Infatti agisce nei due sensi, da un lato fornendo agli individui gli strumenti informativi per conoscere e capire, quindi per esercitare davvero il diritto di cittadinanza; e dall’altro sorvegliando il potere che legittimamente si è conquistato il comando, per obbligarlo non soltanto alla trasparenza delle sue azioni, ma soprattutto al rendiconto. Questa accountability è il vero esercizio che ogni classe dirigente preferirebbe evitare, per scegliere una via unidirezionale nel rapporto coi cittadini, parlando da un immaginario balcone (purtroppo è stato arruolato recentemente anche il balcone autentico di Palazzo Chigi) alla popolazione trasformata in folla. Così come nella democrazia elettronica l’abuso di social media consente al leader divenuto performer di trasmutare gli elettori in follower, la cittadinanza in gente, la pubblica opinione in senso comune: per veicolare non un pensiero ma un codice rattrappito dove una battuta fa premio su qualsiasi ragionamento, lo scambio è sostituito dalla propaganda e alla fine il pensiero politico esce frantumato, disperso in schegge buone per ingrassare il pastone serale dei telegiornali. Quello che manca è esattamente quel che serve: la ricostruzione del contesto, la responsabilità di un percorso gerarchico delle notizie, quegli strumenti di misurazione del mondo che il giornale – di carta o elettronico – impiega ogni giorno nella sua ricostruzione degli avvenimenti.
Si capisce perfettamente perché il potere sfugga a questo confronto. Il giornalismo molto semplicemente riconosce che chi ha vinto si è conquistato il primato con la legittimità piena delle elezioni: ma nello stesso tempo gli ricorda la grandiosa fatica della democrazia che lo obbliga ogni mattina a mettere in palio alla ruota del consenso il potere accumulato il giorno prima, perché il suo comando è per definizione temporaneo e oggetto di verifica costante, in quanto perennemente contendibile. La tensione è dunque inevitabile, e in un certo senso è un elemento attivo di quella dinamica di confronto democratico tipica dei sistemi aperti. Con il contraltare dei sistemi chiusi, come appunto le Filippine di Duterte che usa il podio della sua autorità per attaccare le inchieste giornalistiche di Maria Ressa, o la Russia di Putin, dove ogni vero contendente del potere finisce in carcere come Navalny e i mezzi di informazione lavorano sul filo del rischio personale dei giornalisti, e lo testimoniano i sei cronisti della Novaja Gazeta uccisi a causa del loro lavoro di reporter.


Nella malferma democrazia occidentale in cui viviamo ci sono stati attacchi furibondi ai giornali da parte di poteri vecchi e nuovissimi, ma in questi decenni non è stato necessario un briciolo di coraggio nel cercare di informare correttamente. Guardando in uno specchio, chi comanda vede nei giornali solo la voce delle élite dominanti o l’espressione di altri poteri, come se non contasse niente l’impegno personale dei giornalisti, o la storia delle redazioni, ma soltanto il nome del proprietario: o come se il lavoro fosse solo sempre per definizione uno strumento servile, e non il mezzo per testimoniare una coscienza civile. Piuttosto, il rischio è che tutta la politica si trasformi in evento estemporaneo, che brucia consumandosi mentre si compie, lasciando solo cenere e applausi per il discorso pubblico ridotto a spettacolo. Quando c’è solo da applaudire perché non resta nulla da capire, il giornalismo soffre. E con lui la democrazia, in questi anni in cui siamo avviluppati in una rete fitta di opinioni private, ma manca una vera struttura autonoma di pubblica opinione.

REP.IT

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.