I reati contro le donne puniti come il terrorismo

Ecco, io penso che sia arrivato davvero il momento di cambiare passo e che dobbiamo cogliere l’occasione della ricostruzione post-Covid e farne il volano per un cambiamento epocale del paradigma di sviluppo, liberare le competenze e i talenti femminili nella società e le donne dalla violenza, per sempre. Le donne faticano a emergere in una società costruita a misura maschile, nella quale alla differenza sessuale non è attribuito alcun valore positivo, e nei fatti alla maternità non è riconosciuta funzione sociale. Le donne quindi contano meno, hanno meno potere e meno soldi, svolgono la funzione di cura in modo non retribuito, hanno carriere discontinue e retribuzioni inferiori a parità di ruolo. Come ha chiesto il W20 nel corso della prima conferenza del G20 dedicata all’empowerment femminile – evento storico organizzato dalla Presidenza italiana del premier Mario Draghi e della ministra Elena Bonetti – il vertice di Roma fra i capi di Stato e di governo del 30 e del 31 ottobre dovrà concludersi con una “road map” concreta e impegnativa sulla parità di genere. È un’occasione irripetibile, come lo è l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che contiene la clausola fondamentale sull’occupazione delle donne. In questo quadro, assumendo come prima misura il lavoro per le donne quale volano di libertà, a mio avviso sono cinque le azioni per puntare a sradicare la violenza di genere in tutte le sue forme.

Primo: gli uomini devono assumere la responsabilità collettiva di contrastare la violenza compiuta da alcuni di loro. Questa piaga non riguarda solo le donne. Combattere la violenza e gli stereotipi riguarda gli uomini, la responsabilità è di ciascuno e di tutti. Servono campagne di educazione e di sensibilizzazione.

Secondo: occorre attuare davvero le leggi esistenti e rafforzare le misure di protezione delle vittime, soprattutto di chi denuncia, mettere in salvo le donne e i loro figli, garantire finanziamenti adeguati alla rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio, incentivare l’utilizzo di strumenti già a disposizione dei magistrati, come l’allontanamento dalla casa familiare, il braccialetto elettronico, e altri. Il processo civile e quello penale devono dialogare come dispone la nuova riforma, nelle separazioni in caso di violenza i diritti delle donne e dei minori vanno tutelati di più. Serve formazione per tutti gli operatori della filiera della giustizia. Lo abbiamo verificato nella nostra Commissione: perché le leggi dispieghino tutto il loro potenziale, magistrati, avvocati, forze dell’ordine, consulenti tecnici d’ufficio devono saper leggere correttamente e riconoscere la violenza di genere.

Terzo: bisogna approvare la legge sulle statistiche di genere, ferma da un anno alla Camera dopo l’approvazione del Senato. Potendo disporre di numeri incontrovertibili e verificati sulla violenza e sul femminicidio, potremo combattere meglio questi reati e tarare politiche adeguate.

Quarto: i reati contro le donne devono diventare eurocrimini, come il terrorismo. Solo facendo convergere mezzi e risorse riusciremo a cancellare un fenomeno che riguarda, in misura ovviamente diversa, tutti gli Stati dell’Unione. Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione, ora il Consiglio Ue deve dare avvio alla procedura di modifica del Trattato.

Quinto, ma non ultimo: le molestie sessuali devono diventare reato, con un’aggravante per i luoghi di lavoro e di studio e per questo, insieme a tante altre colleghe e colleghi, ho depositato un disegno di legge in Senato che si aggiunge ad altri già esistenti sul tema. Se una donna non dice esplicitamente sì, è violenza. Il no è no. Anche questo cambia la cultura.

* Senatrice Pd, presidente della Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio e la violenza di genere

LA STAMPA

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