I reati contro le donne puniti come il terrorismo

Valeria Valente * P

Che cosa ha di fatto portato alla luce il «caso Palombelli» e perché, secondo me, hanno ragione sia Michela Murgia sia Michela Marzano? Barbara Palombelli non ha fatto altro che dare voce, su una testata televisiva molto popolare, a un pensiero comune, alla cultura patriarcale in cui viviamo. Se una donna viene stuprata, vessata, stalkerizzata, e/o ammazzata da un uomo – spesso il marito, il compagno, il fidanzato, l’ex, ma anche il padre, magari in combutta con i fratelli – è perché in fondo se l’è cercata: era esasperante o insubordinata o vestita in modo succinto oppure voleva lasciare il partner. In sostanza, era ribelle al ruolo stereotipato e subordinato che la società le ha storicamente assegnato e quindi, in fondo, la reazione violenta, che può arrivare all’annientamento, è comprensibile, è giustificabile. L’uomo, il maschio, sta solo reagendo. È questa la narrazione in cui siamo immersi e l’Istat lo documenta, dice che per un italiano su due la donna vittima è anche corresponsabile del reato. Perché, dunque, le parole di una famosa giornalista sono così gravi? Perché i mezzi di informazione sono importantissimi e possono contribuire a cambiare la situazione. Sette femminicidi in sette giorni sgomentano. Ma le leggi ci sono. Dobbiamo trasformare la cultura, ma come riuscirci se i media continuano a riproporre lo stereotipo all’origine di questa strage?

Lo dico da presidente della Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio e la violenza di genere: l’Italia ha ormai un robusto apparato legislativo. Dalla riforma del diritto di famiglia alla Convenzione di Istanbul fino al Codice Rosso, la violenza sessuale, domestica e il femminicidio sono considerati crimini contro l’umanità, giustamente puniti in modo severo. Nel corso del tempo le pene sono state inasprite, sono stati introdotti nuovi reati come lo stalking, il revenge porn, il matrimonio precoce. Dobbiamo convincerci, senza più alcun dubbio, che le donne continuano a morire ammazzate perché il femminicidio, come tutti i reati di violenza maschile, sono riconducibili alla profonda asimmetria di potere esistente tra uomini e donne nella società. È un problema strutturale che investe ogni aspetto: il lavoro, le carriere, le istituzioni, i rapporti personali, la famiglia, la giustizia. Dobbiamo comprenderlo fino in fondo, e anche capire che la violenza contro le donne e il femminicidio sono l’altra faccia della stessa medaglia che inchioda le donne ai numeri mortificanti e gravi di cui parla e scrive spesso Linda Laura Sabbadini, direttora centrale dell’Istat, pioniera delle statistiche di genere e Chair del W20.

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