Becciu, i fondi neri e le riforme di Bergoglio, ma in Vaticano non ci sarà una tangentopoli

A Bergoglio non era infatti sfuggita la gelida risposta che proprio Perlasca aveva inviato agli ispettori del pontefice quando nel dicembre del 2013 chiedevano i conti della struttura e la contabilità dell’obolo di san Pietro, beneficenza raccolta in nome del santo padre: «Si vedrà se e come rispondere». Messo nero su bianco non era una frase indice di arroganza ma della certezza che quel fortino mai sarebbe stato espugnato. E così Bergoglio ha riformato e bonificato tutte le altre strutture per tornare poi all’assalto nella primavera del 2018 con una serie di mosse implacabili: prima il trasferimento di Becciu, elevato cardinale, alla congregazione dei santi e beati, quindi il bisturi del controllo dei conti. Gli uffici erano però zeppi di suoi fedelissimi – gli stessi che troviamo oggi con il rinvio a giudizio per lo scandalo di Londra – a resistere, trovando sponda in diversi anziani porporati curiali. E il 17 luglio 2018 il cardinale Agostino Vallini provava a resistere all’onda della trasparenza, a chi voleva i bilanci, ricordando in una riunione riservata che insomma certi forzieri era meglio non aprirli, alludendo persino alle disponibilità del pontefice: «Non vi nascondo fratelli cardinali- esortava il porporato – qualche importante riserva…(…)… non ci devono sfuggire tutte le possibili implicazioni che verrebbero a determinarsi, in particolare quelle legate alla tutela della riservatezza di quei fondi che il santo padre ha diritto di utilizzare a propria discrezione».

Ma ormai l’offensiva di Bergoglio era inarrestabile. Per dirne solo alcune: era caduta l’Apsa, la banca centrale dello Stato, erano cambiate le contabilità generali, revisionato il governatorato, rivisti i musei vaticani. E la prova regina si legge ora nelle carte di questo nuovo clamoroso processo che partirà a fine mese contro Becciu e i suoi presunti sodali: a riempire le pagine dell’accusa, a fornire chiavi e formidabili dettagli e proprio monsignor Perlasca, sì quello scelto da Bertone e oggi supertestimone dell’inchiesta che certamente segna la fase processuale più intensa della giustizia del vaticano degli ultimi secoli. Ma chi si aspetta una tangentopoli in quel piccolo stato rimarrà deluso perché la giustizia di Dio viene prima di quella degli uomini. O, almeno, dovrebbe.

LA STAMPA

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