Vaccini, l’Ue si ricompatta. Draghi: “Gli Usa rimuovano il blocco alle esportazioni”

ALESSANDRO BARBERA

DALL’INVIATO A PORTO. Mario Draghi la mette così: «La questione dei brevetti è complessa. Prima dovremmo fare cose più semplici come rimuovere il blocco alle esportazioni attuato da Stati Uniti e Regno Unito». Dopo l’iniziale smarrimento, tre giorni dopo l’uscita del governo americano sulla liberalizzazione dei vaccini contro il Covid, l’Unione europea trova una posizione comune. Angela Merkel, la prima a reagire con durezza alla proposta americana, ora ha dalla sua sia il premier italiano che quello francese, attirato dalle sirene di Washington per via dell’imminente campagna elettorale. Venerdì sera, durante la cena dei ventisette a Porto, sono finiti sul tavolo alcuni numeri poi riportati pubblicamente da Draghi ed Emmanuel Macron.

L’Unione finora ha prodotto 400 milioni di vaccini, metà dei quali esportati in ogni angolo del pianeta. Gli Stati Uniti, dove è tuttora in vigore il Defense Production Act, hanno fatto uscire dai confini appena il 5 per cento della produzione, essenzialmente in Canada e Messico. «Siamo stati la farmacia del mondo», sintetizza la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Proprio ieri Unione ed India hanno riaperto le trattative per un accordo commerciale fermo da otto anni. Ebbene, di recente l’India, che produce su licenza il vaccino AstraZeneca, ha denunciato l’impossibilità di importare dagli Stati Uniti materiali e reagenti che prima del Covid venivano commerciati liberamente. Fra i diplomatici presenti al vertice c’è chi ha legato l’apertura americana alla liberalizzazione dei brevetti proprio come un segnale verso l’India, un alleato che – visti i pessimi rapporti con Cina e Russia – oggi interessa tanto agli Stati Uniti quanto all’Unione. Draghi, che gioca sempre più un ruolo di mediazione fra Bruxelles e Washington, nella conferenza stampa dopo il vertice minimizza i retropensieri: «La Russia ha annunciato la produzione di 750 milioni di dosi, e finora ne ha consegnati 6 milioni. La Cina a sua volta ha promesso 700 milioni, ne sono stati distribuiti 40 milioni». Con questi numeri «sarebbe buffo pensare che sia l’obiettivo di Biden». Eppure è un fatto evidente: in questi mesi chi parla di vaccini fa diplomazia. L’India, colpita da un’ondata di contagi senza precedenti, ha bisogno dell’Occidente.

Draghi, sempre più calato nel ruolo di leader, dopo aver inizialmente abbozzato alla linea Biden ha aggiustato il tiro. Ieri, dietro il velo delle parole, la sostanza appariva ben diversa: «Liberalizzare il brevetto non garantisce la produzione di vaccini, che è molto complessa, richiede tecnologia, specializzazione, organizzazione». Inoltre «la produzione deve essere sicura, e la liberalizzazione dei brevetti non la garantisce». Ma la frase più significativa è questa: «Una liberalizzazione temporanea e circoscritta non dovrebbe costituire un grande disincentivo alla produzione e alla ricerca, che tutti temono». Un sostegno a dir poco blando.

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