Perché abbiamo smesso di ascoltare lo spirito della Costituzione

Il 25 aprile ricordiamo la fine di una guerra in cui i capi politici dei vincitori erano coscienti, nella loro stragrande maggioranza, di doversi muovere esattamente nel senso che ho appena indicato. Dando al conflitto il suo carattere costituente, comprendendo di fatto i propri stessi errori, ricercando non vendette, ma destinazioni comuni. Poiché un popolo si rigenera e ritempra soltanto se dal suo passato trae energia per definire un destino, il quale potrà essere perseguito per vie diverse e tra loro in competizione, ma che di ognuna rimane in qualche modo il senso ed il fine. L’ethos di un popolo non è costituito da dove sta, ma verso dove vuole procedere. E così ragionavano in fondo i vincitori del 25 aprile.

La Costituzione ne custodisce lo spirito. Ma per custodirne lo spirito non doveva essere bloccata alla sua lettera. Ascoltatelo bene: esso si appellava a quella libertà che persegue fini sempre più alti di liberazione, a quella libertà che significa volontà di liberare chi soffre, chi ha bisogno, chi subisce ingiustizia. Fini che non si realizzano se non lo vuole l’ethos di un popolo, se le sue classi dirigenti non sanno con-vincere del loro valore. Fini che richiedono partecipazione e mobilitazione permanenti. Quest’opera si è andata smarrendo, forse il suo filo rosso si è spezzato. La Costituzione nata il 25 aprile non è rimasta incompiuta, perché questo o quel suo aspetto non si è realizzato attraverso norme o leggi (e i disastri combinati quando alla sua lettera si è messa mano!), ma perché abbiamo smesso di ascoltarne lo spirito.

Al conflitto costituente, intorno cioè alle interpretazioni da dare allo spirito del 25 aprile e della Costituzione, si è andato via via sostituendo quello tra diverse forme di mentalità conservatrice, incapaci di comprendere e governare le trasformazioni del nostro mondo. Poteri che sopravvivono a sé stessi, asserragliati in idee e bastioni che non destinano più a nulla. Il 25 aprile è diventato l’opposto di ciò che dovrebbe, pura memoria e nostalgia. Il grande, tragico conflitto che questa data ricorda si è trasformato nella farsa delle retoriche attuali della lotta politica, tutta fasulle maledizioni e gridati insulti tra chi, il giorno dopo essersi dichiarata eterna inimicizia, dà impunemente vita insieme a alleanze e governi.

Il 25 aprile, ma ancor prima nel pieno della guerra, anche il più feroce dolore somigliava alle doglie del parto. Che lo ricordino i giovani, cui oggi si impedisce in tutti i modi di generare.

LA STAMPA

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