Restituiamo il futuro ai giovani

Manca un mese alla versione definitiva del Recovery Plan da 191,6 miliardi che andrà consegnato all’Europa per l’approvazione. Quanti fondi sono stati previsti, per esempio, per potenziare i servizi di sostegno mentale e psichico per i minori che già adesso cominciano ad affacciarsi numerosi alle Asl e negli ospedali pubblici, e che è facile prevedere aumenteranno di numero e di disagio? Al momento, stanziamento zero. Come non sembra alle viste un progetto capillare e circostanziato per adeguare le scuole non al dopo virus, che è rimandato a data indefinibile, ma alla convivenza con il virus, che è la condizione certa per i mesi e forse gli anni a venire. L’elenco delle cose da fare è lungo e sarebbe stato molto meglio averlo smarcato dalla scorsa estate. Non è successo, a parte i volenterosi banchi a rotelle. Succederà? Tra le cose possibili e indispensabili: insegnanti e operatori vaccinati, sistemi per il ricambio d’aria continuo nelle aule, igienizzazione quotidiana degli ambienti, classi dimezzate di numero, servizio di mensa garantito in tutto il Paese e organizzato a turni, trasporti pubblici potenziati sul serio, anzi moltiplicati.

Questo è il momento di decidere. Due le opzioni: prepararsi già da domani a garantire il diritto all’istruzione in una modalità compatibile con il tempo incerto del virus, oppure assumersi l’immensa responsabilità, rinunciando ad agire in profondità e celermente, di negare di fatto il futuro a chi, per data di nascita, ne ha più bisogno, e anche diritto. Eterno bivio: formiche o cicale. E nel calarsi in uno o nell’altro abito sta il confine strategico tra Next e Lost Generation.

Scriveva Italo Calvino: «Un Paese che demolisce l’istruzione è governato da quelli che dalla diffusione del sapere hanno tutto da perdere». Scuola don Milani, che da Barbiana ribadiva la vera posta in gioco ai suoi alunni dell’ultimo banco sociale: ogni parola che non impari oggi, è un calcio in culo domani. Un Paese prostrato dalla pandemia, che non approfitta degli aiuti europei per ricostruire l’edificio lungamente saccheggiato del sapere per tutti, non è un Paese per giovani. Non è nemmeno un Paese coerente con i propri valori fondamentali. Si condanna ad essere, tristemente, un Paese senza.

CORRIERE.IT

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