Restituiamo il futuro ai giovani

di Carlo Verdelli

Le categorie ingannano. Se quelli che erediteranno l’Italia, bambini e adolescenti sotto i 18 anni, diventano una categoria, finiscono tutti in un sacco, dove si mischiano i ribelli senza causa delle risse per strada, i coscienziosi che resistono alle lezioni via computer, gli invisibili che una connessione per seguirle neanche ce l’hanno o è debolissima (4 su 10, stima per difetto), i piccoli che ormai hanno realizzato che non è più un gioco e sbattono come farfalle contro finestre che non si aprono. Le varianti del virus cominciano a colpire pure loro, i minorenni, passati indenni dalla prima ondata, quando la grande guerra è cominciata, e il generale Figliuolo, comandante in capo e in campo contro la pandemia, fa bene a chiamarla così, «guerra», che sarà pure improprio ma rende l’idea di una cosa che ci sta travolgendo con punte di cinquecento morti al giorno, ogni giorno, e guasti non tutti riparabili al nostro tessuto sociale, economico e anche morale. Nell’attesa e con la speranza ardente che l’arma finale dei vaccini riesca a dissolvere il nemico, tra i pezzi di Paese a cui si dovrebbe prestare la massima attenzione c’è proprio la Next Generation, che al di là dei buoni propositi corre il rischio di diventare Lost Generation, i figli perduti, come quelli dell’isola di Peter Pan. Se si abituano a isolarsi, se si deprimono, se si arrendono dentro, chi morderà il mondo al posto loro?

Vantiamo il record internazionale di chiusura delle scuole. Dal marzo 2020, 10 milioni 800 mila studenti italiani hanno perso il 25 per cento dei giorni di lezione, compromettendo due anni didattici: la coda lunga di quello scorso e la gran parte di questo. Una gelata invernale nella primavera della vita, con l’interruzione forzata della fioritura sia culturale sia sentimentale. Non si tratta di riaprire ovunque adesso, tanto per dire che si è ripartiti: la circolazione del virus e la lentezza, non solo nostra, nelle vaccinazioni, lo sconsigliano caldamente e bene fa il governo a resistere alle pressioni dei tanti che vorrebbero un suicida liberi tutti, in nome di diritti più che legittimi ma altrettanto legittimamente sospesi. La questione centrale è come dare una prospettiva seria ai reduci variamente giovani di questa devastazione da virus. E come compensare l’impoverimento educativo di cui sono vittime.

Piccoli reduci feriti. Come i tanti, sempre di più, che manifestano disturbi alimentari o depressioni o tendenze all’autolesionismo come risposta a una prolungata condizione innaturale. Come i 160 mila che, chiusa la mensa scolastica (dove c’è, perché nelle regioni e nei comuni meno ricchi, specie al Sud, il tempo pieno è una rarità), hanno perso la possibilità di un pasto decente al giorno, realtà documentata da un’inchiesta di Goffredo Buccini su questo giornale. Come gli oltre 850 mila (stima per difetto) che la didattica a distanza nemmeno l’hanno sperimentata, non avendo un dispositivo, computer-tablet-smartphone, per connettersi.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.