Essere un rider a Napoli: come si vive di consegne con la paura delle rapine, una notte con Emanuele


Di Vincenzo Ammaliato

Lavora duramente con scarse garanzie e poche tutele. E’ impegnato dieci ore al giorno, sei giorni la settimana. Guadagna in media poco più di mille euro al mese. Ma lui, Emanuele Petrone, “rider” napoletano, il suo lavoro lo vede come un’opportunità. “Non ho un capo che mi comanda – dice col piglio da scugnizzo il ventiquattrenne – gestisco autonomamente il mio orario e non sono schiavizzato in un magazzino, o in qualche bottega con una paga da fame. La cosa che non mi va giù – aggiunge – è che ho la stessa percentuale di tassazione di un architetto, un avvocato, un ingegnere, quando io sono un semplice portapizze”. Emanuele è uno dei 2mila e 500 rider che girano fra Fuorigrotta e San Giovanni a Teduccio consegnando a domicilio i pasti ordinati dai napoletani sulle piattaforme on line di delivery. Con le prime restrizioni dovute al contenimento della pandemia da coronavirus nel marzo del 2019 anche nella città partenopea è scoppiato il particolare segmento, raggiungendo rapidamente numeri impensabili in così breve tempo.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.