Crisi di Governo, riprende quota il Conte ter, per Renzi c’è anche Draghi

di Alberto Gentili

A dispetto dei timori di Giuseppe Conte e dei fantasmi del governo istituzionale o di larghe intese, il primo giorno dell’esplorazione di Roberto Fico nella giungla rosso-gialla ha fatto segnare un passo importante verso un nuovo governo guidato dall’avvocato. Matteo Renzi nell’incontro con il presidente della Camera ha dimostrato la disponibilità a trattare per il Conte-ter. Tant’è, che pur non facendo il nome dell’avvocato, ha chiesto un «patto scritto». Si è detto disponibile «a fare di tutto per trovare un accordo». E non è andato a testa bassa neppure sul Mes. Eppure, la prima scelta del leader di Italia Viva resta quella di sempre: ottenere lo scalpo di Conte, per poi incassare un governo guidato da Mario Draghi o da Marta Cartabia sostenuto anche da Forza Italia.

«Siamo 50 e 50», ha confidato ai suoi il senatore di Rignano che viene descritto «galvanizzato» per aver saputo che l’ex presidente della Banca centrale europea sarebbe disposto ad accettare palazzo Chigi (o l’Economia) se gli venisse rivolto un appello a «salvare la Patria». Insomma Renzi, come al solito, gioca su due tavoli. «Tanto più», ha puntualizzato, «che bisogna vedere cosa riuscirò a mettere nel patto scritto, il vero problema dei grillini sono i temi…». In estrema sintesi: «Non date per fatto il Conte-ter». Forse è anche un modo per alzare il prezzo.
Agli atti c’è però che Renzi tratta con Pd, 5Stelle e Leu.

La ragione è spiegata da un alto dirigente di Italia Viva: «Nessuno di noi vuole Conte e siamo convinti che riusciremmo a spingere i grillini, terrorizzati dalle urne, a sostenere un governo Cartabia-Draghi. Ma il Pd non si muove, non sente ragioni, e resta fermo sull’avvocato per preservare quella che chiamano “alleanza riformista” in vista dell’approdo elettorale, quando sarà. Così, valutata la situazione e per non rischiare di perdere qualche senatore nel caso di rottura, ora fissiamo un prezzo alto per il Conte-ter. Per avere discontinuità e un governo migliore. A questo scopo, se non riusciremo a fare come è probabile un esecutivo Draghi, dovrà cambiare il ministro della Giustizia, Bonafede. Gualtieri dovrebbe essere sostituito da un tecnico di altissimo livello per realizzare al meglio il Recovery Plan, Catalfo e De Micheli dovranno lasciare perché inadatte al ruolo. Noi? Il problema non sono i posti». Eppure, Italia Viva punta sui ministeri dello Sviluppo e delle Infrastrutture per avere un ruolo di primo piano nel Recovery Plan. Anche se non scarta affatto l’ambo Interni-Difesa. La ragione è spiegata da un alto dirigente di Italia Viva: «Nessuno di noi vuole Conte e siamo convinti che riusciremmo a spingere i grillini, terrorizzati dalle urne, a sostenere un governo Cartabia-Draghi. Ma il Pd non si muove, non sente ragioni, e resta fermo sull’avvocato per preservare quella che chiamano “alleanza riformista” in vista dell’approdo elettorale, quando sarà. Così, valutata la situazione e per non rischiare di perdere qualche senatore nel caso di rottura, ora fissiamo un prezzo alto per il Conte-ter. Per avere discontinuità e un governo migliore. A questo scopo, se non riusciremo a fare come è probabile un esecutivo Draghi, dovrà cambiare il ministro della Giustizia, Bonafede.

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