Governo, il rischio che prevalga solo l’istinto di sopravvivenza

di Massimo Franco

Fino a ieri il problema del governo è stato lo strappo maldestro di Renzi. Bisogna sperare che da oggi non diventi anche la voglia di sopravvivenza di Conte. Sarebbe paradossale se il timore di non restare a Palazzo Chigi sovrastasse l’urgenza del Paese di avere un esecutivo più forte. L’esigenza di cambiare passo, ormai è acuta. L’obiettivo è di lasciarsi alle spalle i ritardi accumulati e affrontare i due anni terribili che aspettano l’Italia con una coalizione all’altezza della sfida: per coesione e competenza. La crisi apertasi il 13 gennaio e tuttora sospesa in un limbo surreale è nata dalla forzatura, ai più incomprensibile, di Iv; ma si è nutrita della miopia con la quale il premier ha pensato di gestire i 209 miliardi di euro degli aiuti europei. Adesso Conte ha la possibilità di rinascere dalle proprie ceneri, dando vita alla terza maggioranza diversa in due anni e mezzo al potere. Sarebbe un miracolo di abilità e spregiudicatezza degne di quella che con un eufemismo viene definita «cultura post-ideologica» del grillismo. Se è utile a salvare la legislatura e a non perdere altro tempo, può essere accettata perfino dopo parole e gesti di rottura in apparenza definitivi da entrambe le parti. Sarebbe irresponsabile, invece, se servisse solo a fare prevalere gli interessi del M5S e del suo premier su quelli dell’Italia.

L’esigenza di riconoscere i limiti

Scambiare la maggioranza relativa alle Camere con un potere di veto sulle sorti della legislatura finirebbe per apparire un atteggiamento simmetrico a quello renziano, giustamente criticato. Con l’aggravante che, proprio in quanto baricentro del governo, Conte e il M5S hanno il diritto e insieme il dovere di mostrare un supplemento di senso di responsabilità. Il credito goduto da parte degli alleati, del Quirinale e dell’Europa va rispettato, non solo usato per continuare una navigazione rivelatasi nell’ultima fase erratica e autoreferenziale. Si avverte l’esigenza di riconoscere limiti ed errori commessi da quando, a giugno, sono stati convocati Stati generali dell’economia tanto pomposi quanto inconcludenti. Avere ottenuto successivamente un generoso aiuto dall’Europa è un merito che va riconosciuto a Conte. Sprecarlo in nome di una visione ombelicale del proprio ruolo, tuttavia, significherebbe cancellare quel risultato. In democrazia non esistono governi né uomini e donne insostituibili. Dare le dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a questo punto è un gesto opportuno e inevitabile. Conte lo farà oggi, con un epilogo subìto e non voluto.

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