Diego Armando Maradona, il ct più pazzo del mondo. Disse ai suoi: «Avete di fronte un uomo tornato dall’inferno»


Però dopo la qualificazione in Uruguay invitò i suoi critici a praticargli un rapporto orale – «Que la chupen!» -: due mesi di squalifica. Le temute figlie gli tenevano ogni mattina una rassegna stampa, con l’ordine di segnalargli gli irriducibili da sistemare. Appena arrivato nel ritiro mondiale fece rifare i bagni delle stanze; per sé pretese il bidet a tre velocità con spruzzi modulati, e gelati al pistacchio alle 4 del mattino. In conferenza stampa arrivava vestito da prima comunione – cravatta chiara e giacca grigia chiusa a stento sulla pancia abnorme -, ma con il barbone bianco e tre orecchini da corsaro. Dopo i gol invadeva il campo per abbracciare i calciatori. Nei quarti contro la Germania schierò tutti i suoi attaccanti, con Messi a centrocampo; i tedeschi fecero 4 gol (a 0) in contropiede. Resta però un’Argentina indimenticabile. La differenza di carisma tra l’allenatore e il suo asso si toccava con mano: il vero numero 10 era lui, Maradona. Alla fine dell’allenamento il maestro prendeva da parte l’allievo: «Leo, adesso ti insegno come si battono le punizioni». Fatto sta che da allora Messi ne sbaglia pochissime.

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