Maradonapoli

di Gianni Mura

Lui doveva fermare la Juve e lui l’ ha fermata. La fantasia popolare non tiene conto del collettivo, parola tanto cara a Ottavio Bianchi. Un uomo solo al comando della nave dei sogni: la sua maglia biancoceleste, il suo nome è Diego Armando Maradona, il suo sinistro non perdona. Dicono abbia scavalcato san Gennaro, che non ha il vantaggio di esibirsi tutte le domeniche. Pallonetto è un quartiere di Napoli, non solo la specialità di Maradona. Quasi tutti i suoi gol sono allegri e beffardi come la sua faccia, che è fin troppo ovvio definire da scugnizzo. Facce come la sua propongono finte Lacoste e finte Vuitton a Sanità, con vero entusiasmo. Che differenza con Jeppson e Krol, profeti venuti dal Nord, elevati a bandiera più per necessità che per convinzione: Napoli o altrove, per loro, era lo stesso. Forse Sivori s’ avvicinava a Maradona, per doti giocolieristiche, ma con una carriera alle spalle, mentre Maradona, tra tante cose, ha anche l’ età dalla sua. Adesso non è più importante sapere se Maradona è uomo-squadra: è uomo-città. Non è un giocatore del Napoli, ma di Napoli. Non il capitano del Napoli, ma di Napoli.

E come tale si esprime. Non è colpa sua se spesso gli fanno domande terribilmente banali (ma anche la gioia e il dolore, a pensarci bene, sono banali). Attenzione a come lui parla: come un ministro, un ambasciatore, un uomo di potere e responsabilità. Responsabilmente parla, con profonda sincerità e singolari intuizioni («piaccio tanto ai bambini perché anch’io sono un bambino»). Maradona è quello che sembra e sembra quello che è. Maradona parla per tutti: per Ferlaino e Allodi, per Marino e Bianchi, per Ciccillo e Pascalone. Maradona può. Napoli può. Il Napoli ha perso con la squadra povera di Torino, ma ha battuto quella ricca, quella imbattibile, quella recordosa. L’ha battuta in una giornata nordica, pioggia e fango, quando anche Dio sembrava juventino, il campo pesante in favore delle truppe corazzate e contro i giochi leggeri del piccolo re. Macché, anche in un calcio da fermo si esprime il talento balistico, ecco un altro gol da violinista, un trillo ad effetto, con Maradona la palla difficilmente è scaraventata in porta con un tiro secco e forte, ci va come un uccellino, in volo lento e sempre nuovo. Il figlio del falegname di Lanús a Barcellona era un emigrante, a Napoli no.



Meglio, è come se in jumbo fosse tornato il nipote di quelli partiti sui bastimenti dal molo dell’Immacolatella, forse non c’era e non c’è tanta differenza fra un basso di Napoli e un barrio di Baires. E certe caratteristiche di Maradona (il senso e la necessità della famiglia numerosa e allargata, la casa che non trova) lo napoletanizzano in proiezione esterna e lo fanno aderire sempre più strettamente alla sua città.

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