All’Ars i maghi dello spreco: raddoppio delle pensioni con la stessa legge che taglia i vitalizi

Ma a fare davvero impressione è la cifra del trattamento di fine rapporto. Che sale da 36 a 70 mila euro per chi ha una legislatura alle spalle e da 76 mila a 120 mila per chi ne ha due. Un aumento del Tfr che, si badi, avviene a fronte di appena 46 euro al mese di aumento di contributi a carico del deputato. E con il quale il deputato stesso ammortizza facilmente anche l’incremento degli altri contributi, quelli versati per avere una pensione più ricca (404 euro al mese). “Un sistema win-win: a vincere è sempre il deputato, a perdere le casse pubbliche”, dice Giorgio Pasqua, capogruppo dei 5S che alla vigilia della scadenza per accettare o meno il beneficio – lo scorso 31 ottobre – hanno scelto di rinunciare perché “una cosa del genere fa a pugni col clima di sobrietà che tutti in questo periodo dovremmo darci”. Un esempio? Non per il presidente dell’Ars Gianfranco Micciché, che ha definito “delinquenziale” la mossa politica dei pentastellati. Mentre il governatore Nello Musumeci, colui che per la carica che riveste dovrebbe porsi per primo una questione d’opportunità, non risponde da giorni alla domanda più semplice: ha chiesto anche lui l’aumento del vitalizio? Sembrerebbe di sì, e già ad agosto, ma non è con i condizionali che si fa la storia e neppure la cronaca di queste cose miserrime: se così non è, da Palazzo d’Orleans arriverà già oggi una smentita.

Resta il fatto che la cuccagna rimane qui, pure in tempo di pandemia: la norma con la riduzione soft dei “vecchi” vitalizi, fatta in contrasto con le disposizioni nazionali, è stata impugnata dal governo ma resta in vigore sino alla pronuncia della Consulta. Gli aumenti ai “nuovi” vitalizi sono scattati. Meno risparmi da un lato, più spesa dall’altro. Un capolavoro. Davanti al quale levarsi – si fa per dire – il cappello.     

REP.IT

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