Il tempo perduto

Il guaio è che il nostro è un Paese di dannunziani, per dirla con le parole di Pietro Gobetti, capace di grandi gesta di coraggio, abnegazione, generosità nei momenti più difficili ma incapace di rispettare sé stesso e gli impegni presi con gli altri nella realtà quotidiana. E così poco fiducioso nella propria capacità di mantenere le promesse in tempi meno estremi da cercare di volta in volta una scadenza a cui farsi inchiodare. Basti ricordare l’Expo 2015 a Milano, la cui candidatura venne avanzata nove anni e accettata sette anni prima dell’evento, poi aperto in mondovisione mentre ancora le carriole correvano su e giù febbricitanti per gli ultimi lavori…

Un andazzo che ha plasmato tutto. Fino all’invenzione, per sfuggire a una ragnatela burocratica che ogni governo rinuncia presto a riformare, dell’emergenza perenne. Lo Stato che inventa scorciatoie per imbrogliare le proprie regole senza restarne paralizzato. Al punto che, come qualcuno ricorderà, la Protezione Civile costituita proprio quarant’anni fa dopo la tragedia di Alfredino Rampi, finì per occuparsi perfino del restauro del David di Donatello.

E così rischia di andare a finire anche stavolta. Erano preziosi, i tre mesi appena trascorsi. Preziosi per andare subito a recuperare, magari con una gara nazionale, le dosi necessarie del vaccino anti-influenzale in attesa (quando sarà…) dell’agognato anti-Covid-19 e sprecati da regioni come la Lombardia, che nell’affannosa rincorsa a rimediare ai propri ritardi finirà per pagare lo stesso prodotto il triplo del Veneto. Erano preziosi per prendere di petto i grandi problemi della sanità pubblica, fino ad oggi salvata dalla generosità di medici e infermieri ma esposta soprattutto nel Mezzogiorno a gravissimi rischi mentre ancora pochi giorni fa veniva promesso «un bando super veloce» per avvicinarsi all’obiettivo di 3.443 nuovi posti letto di terapia intensiva e 4.213 di terapia sub intensiva.

Erano preziosi per settori come l’agricoltura e il turismo, che dopo avere respirato un po’ in questa estate sregolata, rischiano di ritrovarsi ora coi problemi di prima dopo aver aspettato settimane e mesi quella «cassa integrazione in deroga» resa di fatto irraggiungibile da procedure burocratiche che, come dimostrano nel loro libro Tito Boeri e Sergio Rizzo, sembrano scritte apposta per chiudere il più possibile i rubinetti dell’erogazione.

Un sospetto che inquieta buona parte degli imprenditori. Lo dicono ad esempio le osservazioni dell’Ance sui progetti di Italia Veloce («Hanno qualcosa della vecchia lavagna di Berlusconi da Vespa…») o sull’«Idra a nove teste della Governance degli investimenti in Italia: tutte strutture dello Stato che avrebbero il compito di accelerare gli investimenti pubblici e invece non sono mai nate o ancora non hanno prodotto effetti: Strategia Italia, InvestItalia, DIPE, Struttura per la progettazione, Italia Infrastrutture SpA, Invitalia…» Per non dire dei 22 diversi canali di finanziamento per le scuole. Un caos. E se finora tutte queste «semplificazioni» hanno rallentato se non frenato l’arrivo dei soldi veri che accadrà quando toccherà al «paperonico» fantastilione di triliardi in arrivo dall’Europa?

Ricordate, mesi fa, l’idea di due magistrati come Giovanni Melillo e Francesco Greco? Spiegarono alle commissioni riunite di Camera e Senato che, in un momento così difficile, i soldi dovevano essere distribuiti secondo loro il più in fretta e il più generosamente possibile, senza troppi controlli iniziali per non intralciare il flusso di ossigeno a quanti erano in crisi drammatica. Sostennero anzi che fino a 25.000 euro quei finanziamenti a fondo perduto avrebbero potuto essere considerati una sorta di speciale «reddito di cittadinanza». Chiesero sono due paletti: che quel denaro fosse speso per reagire alla crisi del Covid-19 esattamente come in Svizzera («guai se li porti all’estero: ti stango») e poche regole più rigide per poter colpire «il bersaglio grosso: i grandi affari legati a mondi ambigui se non addirittura alla criminalità». Un iter che avrebbe accelerato tutto ma sottratto il potere di decidere a chi quella conta. Bene, interessante, grazie, vi faremo sapere, fu la risposta. E ciao.

CORRIERE.IT

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