Venti arresti di mafia a Palermo: clan teneva sotto scacco commercianti, ultras e cantanti neomelodici

Scarcerato tre anni fa, era tornato a guidare il clan. Una storia ordinaria nelle logiche mafiose, quella scoperta dai carabinieri di Palermo, che hanno fermato oggi il boss Angelo Monti, ritenuto il reggente della “famiglia” del Borgo Vecchio. ”È pure ti vuole conoscere una persona qua del Borgo che comanda il Borgo, un pezzo da novanta, non un pezzo di quaranta, un pezzo da novanta. Ti dico solo il nome: Angelo. Il cognome non te lo dico non è giusto”. Così, non sapendo di essere intercettati, due dei mafiosi finiti in cella oggi insieme al boss, parlavano di Monti.

Monti fu arrestato già nel 2007 perché ritenuto al vertice della famiglia e dal 2017 era sorvegliato speciale. Scoperti anche i “colonnelli” del capomafia: il fratello, Girolamo Monti, anche lui arrestato nel 2007 e Giuseppe Gambino, già condannato per mafia, che secondo le indagini teneva la cassa della famiglia, e faceva da tramite tra i vertici e il gruppo operativo. Gli “esattori” del pizzo erano Giovanni Zimmardi, Vincenzo Vullo e Filippo Leto. Dei traffici di droga si occupavano, invece, Jari Massimiliano Ingarao, nipote del boss, e i sue due fratelli. L’inchiesta, che ha fatto luce su oltre 20 estorsioni, conferma che Cosa nostra continua ad assistere economicamente le famiglie degli affiliati detenuti e a far cassa coi metodi tradizionali del racket, della droga, e dell’infiltrazione nel tessuto economico.

Cantanti reclutati dal clan per la festa della patrona. La mafia continua a controllare l’organizzazione delle celebrazioni religiose in alcuni quartieri di Palermo. Lo conferma l’inchiesta dei carabinieri che oggi ha portato a 20 fermi. I militari hanno scoperto che per la festa della patrona del Borgo Vecchio, Madre Sant’Anna, Cosa nostra aveva il monopolio dell’organizzazione delle serate musicali animate dalle esibizioni di alcuni cantanti neomelodici.

Secondo le indagini, i mafiosi sceglievano e ingaggiavano i musicisti e, attraverso “riffe” settimanali, raccoglievano tra i commercianti le somme di denaro necessarie per lo spettacolo. Il denaro che restava finiva nella cassa della famiglia mafiosa ed era usato per il mantenimento in carcere dei mafiosi detenuti e per investimenti illegali. Oltre alla scelta dei cantanti e al loro ingaggio il clan curava le sponsorizzazioni dei commercianti e autorizzava gli ambulanti a vendere la merce durante la festa, regolandone anche la posizione nelle strade del rione.

Jari Massimiliano Ingarao, tra i fermati, aveva incaricato alcuni complici di “invitare” i commercianti del quartiere a sponsorizzare un’esibizione canora di una cantante neomelodica, poi effettivamente avvenuta il 6 dicembre 2019, al teatro Don Orione di Palermo. I proventi hanno contribuito al sostentamento economico di Ingarao e ad alimentare la cassa della famiglia mafiosa.

Significative le relazioni dei mafiosi di Borgo Vecchio con un neomelodico catanese (legato da vincoli di parentela a importanti esponenti dell’organizzazione), in solidi rapporti con Jari Ingarao tanto da fargli visita a casa mentre questi era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari. Il cantante avrebbe dovuto esibirsi nel corso di una delle serate, ma l’evento non si è realizzato a causa di polemiche legate alla messa in onda, il 5 giugno 2019, di un programma televisivo nel corso del quale erano stati espressi commenti contro i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L’intera vicenda e alcune successive affermazioni di vicinanza ad esponenti della criminalità organizzata, aveva provocato una serie di divieti di esibizione nei confronti del cantante, emessi dalle autorità.

Clan controllavano gli ultras della squadra di Palermo. Cosa nostra avrebbe tentato di evitare gli scontri tra gruppi di ultras della squadra di calcio del Palermo. Emerge da un’inchiesta dei carabinieri, coordinata dalla Dda, che oggi ha portato a 20 fermi. “Le indagini – scrivono gli investigatori – hanno delineato un significativo quadro di rapporti fra le tifoserie calcistiche palermitane e Cosa nostra”. “Non è emerso, però, – precisano – alcun coinvolgimento della società che gestisce la squadra”.

I vertici della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, dunque, volevano controllare i contrasti fra gruppi ultras per evitare scontri all’interno dello stadio, da un lato dannosi per lo svolgimento delle gare e dall’altro fonte di possibili difficoltà per uno storico capo ultrà rosanero, elemento di contatto tra la cosca e il mondo del tifo organizzato cittadino.

L’HUFFPOST

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