Il gesuita e il prete sardo. Lo scontro fra due Chiese

Don Angelo nelle secrete stanze di Santa Marta lo rende edotto delle norme, delle traditio dei canonici romani, gli parlerà anche dei buoni uffici con il mondo cattolico italiano che arriva fino all’entourage dell’attuale presidenza della Repubblica. Francesco indulge i primi tempi anche rispetto a quelli che sono i vizi già apparenti di don Angelo: un nepotismo e un familismo che forse affondano in un legame affettivo profondissimo con la terra di origine, con i fratelli che sono stati il punto fermo di una vita intera passata al servizio della Chiesa. I rapporti però si incrinano.

Francesco voleva proprio l’amicizia fraterna, trasparente, quasi cameratesca. “Perché non mi hai detto in che cosa investivate con i fondi della Segreteria?”. Doveva confessarglielo don Angelo, la sua famiglia è la chiesa, non il legame di sangue. E invece non lo ha fatto. Lì si è rotto tutto e la diversità abissale è emersa. I due mondi, i due modelli sacerdotali, sono collisi. L’integerrimo e quasi pauperista Bergoglio come dimostra il fatto che la sorella Elena, viva a Buenos Aires in povertà. E l’oggi raffinato Becciu, tuttavia figlio di una Chiesa all’italiana, dove invece una volta, scelto il celibato (non la castità), il prete si arrangia come può nell’aiutare la diocesi, e purtroppo, peccato mortale, i parenti. Anche il modello delle cooperative è rodato.

È l’abc di una diocesi per risalire la china della disoccupazione e si arruolano spesso quelli rimasti ai margini della società: disabili, autistici, oggi più spesso i migranti. Che cosa farà ora Becciu? Tornerà nella diocesi dove è incardinato, a scrutare il mare Tirreno, il mare dell’esilio.

QN.NET

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