Il voto negli Stati Uniti e l’America che serve all’Europa

Se vogliamo dare a Trump quel che è di Trump dobbiamo riconoscere che questi aspetti della sua politica mediorientale — al pari della sua politica nei confronti della Cina — sono positivi, non meritano il disprezzo che riservano loro molti suoi avversari. Bisogna anche sperare che un’eventuale Amministrazione Biden non si faccia condizionare dagli umori anti-israeliani dell’ala più a sinistra del Partito democratico e non operi per bloccare questi sviluppi. Sempre con riferimento al Vicino e Medio Oriente, una volta detto che la politica di Trump non ha brillato — anzi, ha fallito: si pensi alla brutalità con cui ha voltato le spalle ai curdi — in Siria come in Libia, bisogna riconoscergli delle attenuanti: semplicemente, Trump non è riuscito a rimediare ai gravi errori commessi, in rapporto a Siria e Libia, dal suo predecessore Obama.

Detto ciò, bisogna però aggiungere che meriti ed attenuanti finiscono qui. Dopo di che, comincia la lunga lista dei gravissimi demeriti (dal punto di vista dell’interesse occidentale). Trump, con stile diverso da Obama, ma nella sostanza al pari di Obama, non ha cessato di far sapere al mondo che l’America è impegnata a ridimensionare il proprio ruolo internazionale. Il che ha scatenato gli appetiti nelle varie aree delle altre grandi potenze (Russia, Cina) e di potenze regionali (come la Turchia di Erdogan). Per inciso, prima o poi, gli Usa dovranno decidere che fare rispetto a una Turchia al tempo stesso membro della Nato e ormai nemica del mondo occidentale. Lasceranno alla sola Francia il compito di contenere le ambizioni imperiali di Erdogan?

Continuando a compulsare l’elenco degli aspetti negativi, bisogna ricordare che sono rimasti opachi (e quindi, pericolosi) i rapporti fra Trump e la Russia di Putin. Si tratti di Medio e Vicino Oriente o di rapporti con la Russia, stiamo parlando di cose che toccano gli interessi di noi europei. Così come ci tocca, destabilizzandoci, il nazionalismo trumpiano. Con i suoi effetti dirompenti: lo scontro con la Germania, l’ostilità all’Unione europea , la polemica sul ruolo della Nato, più in generale l’attacco alle istituzioni multilaterali create proprio dagli Stati Uniti dopo il 1945.

Poniamo che effettivamente la politica estera di Trump sia l’inequivocabile dimostrazione che il tempo dell’egemonia internazionale americana sia finito, chiunque vinca le prossime elezioni presidenziali, che il declino (relativo) degli Stati Uniti sia ormai irreversibile. È possibilissimo. Ma la domanda allora diventa: il declino americano, l’obsolescenza della Nato, eccetera, possono avvenire senza che , qui da noi in Europa, l’ordine liberale ne risenta? Davvero qualcuno crede che l’Unione europea possa , in tempi brevi, sostituirsi agli Stati Uniti, diventare un baluardo forte e indipendente di quell’ordine liberale fino a poco tempo addietro puntellato dalla potenza americana? Forse un Biden alla Casa Bianca non sarebbe capace di ricucire i rapporti con gli europei, di ridare forza e slancio all’ordine liberale occidentale. È possibile. Ma quella che con Biden è una possibilità, diventa una certezza in caso di rielezione di Trump. Non dovrebbe essere difficile capire che cosa convenga agli europei.

CORRIERE.IT

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