Willy, i fratelli Bianchi e la logica del branco

La cronaca spesso spiega bene il paese, ma due casi recenti, più dell’orrendo massacro di Colleferro, la spiegano meglio.

Il primo è di pochi anni fa. In un paese della campagna laziale, una ragazzina scrive un tema per scuola in cui racconta, senza dovizia di dettagli, degli abusi subiti dal padre. La professoressa avverte la preside, la preside avverte i servizi sociali, i servizi sociali avvertono i carabinieri. L’uomo è convocato in caserma e – in attesa che le indagini chiariscano le sue eventuali colpe, o gli eventuali disagi della figlia – è invitato a stare lontano da casa e controllato con un braccialetto elettronico. Per due settimane nessuno sa niente. La delicatezza della situazione è amministrata con pari delicatezza finché, chissà come, la notizia arriva ai giornali. Partono gli inviati e partono gli articoli. Le regole deontologiche, che impongono di non svelare l’identità della ragazzina, sono aggirate con l’abile (insomma) trucchetto. Si scrive l’età, il nome della scuola, la professione dei genitori, il numero delle sorelle, le minori e le maggiori. Di quegli indizi l’Italia intera non se ne fa nulla, ma in un quarto d’ora il paese capisce perfettamente di chi si sta parlando. La privatezza è violata proprio laddove andava protetta con più cura: nella comunità in cui vive la famiglia. La faccio breve: dopo qualche giorno di trattamento, quello del diritto di cronaca, diciamo così, con qualche agile scialo di pigra ferocia, un mostro qui, un bestia là, con qualche trattatello di sociologia del dopocena a corredo, l’uomo s’ammazza. Per colmo di beffa, la moglie e le figlie vengono a saperlo da un sito. La vedova esce al cancello, dove sono assiepati i giornalisti, e gli rifila, dolente, una vana lezione di garantismo (parola antipatica, eh?): “Non si sa nemmeno se era vero”.

La seconda è più recente. Siamo in una media città toscana. Una donna ha una relazione con un bambino, o poco più: ha tredici anni. Lei, sposata, con un figlio alle elementari, rimane incinta. Una storia invincibile, secondo le regole della domanda e dell’offerta: qualcuno scrive e molti leggono, gli uni e gli altri con l’inconsapevole leggerezza di chi si trastulla, come su Netflix, con le vite e le sventure degli esseri umani. Lasciamo perdere gli adulti, non muovono nessuna pietà. Abbiamo tre bambini. Di uno tutta la città sa che è il giovanissimo padre. Dell’altro tutta la città sa che ha una madre poco di buono. Del terzo, neonato, tutta la città sa che è il figlio dello scandalo. Noi intanto ci siamo ritirati, i colpi di scena sono finiti, l’intreccio ci è venuto a noia. Rimangono i tre bambini, serviti per l’intrattenimento morboso di una breve stagione, nella loro città, coi loro nomi e la loro biografia da additare per strada.

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