Di Maio non si ferma: Pomigliano-Italia, il progetto delle 5 città

Il senso del cambiamento che sta avvenendo in queste ore è dato dalla Puglia. E’ in corso un tentativo estremo per convergere su Michele Emiliano. Osteggiato più dai parlamentari pugliesi che non dai leader nazionali, da Crimi in giù. Da par suo Francesco Boccia le sta tentando tutte: con i 5 stelle nelle liste del governatore uscente una riconferma sarebbe molto più probabile. E sottotraccia continuano a muoversi sia Giuseppe Conte sia il suo braccio destro, il sottosegretario pugliese Mario Turco. “Difficile che si chiuda – ragiona un dirigente M5s – ma dopo il voto su Rousseau lo scenario è cambiato, ci stiamo provando”.

Raccontano che quello di Casaleggio sia stato un tentativo figlio più di una voglia di affermare il suo potere all’interno del Movimento che di una convinzione politica. Ma che si sia rivelato sostanzialmente un boomerang. Da un lato alienandogli ancor più tutti quelli che già mal digerivano il suo ruolo nel partito, dall’altro fornendo un assist ai progressisti che da tempo spingono in direzione del centrosinistra. Un vuoto in cui si è inserito Di Maio. Che parla constantemente con il capo delegazione del Pd al governo, Dario Franceschini, e che continua a mandare segnali a Nicola Zingaretti, sia sulla legge elettorale sia (anche se più ondivaghi), sui migranti. In Sardegna è stato benedetto il simbolo comune per le suppletive che dovranno eleggere un senatore vacante, due baffi, uno rosso e uno giallo, sotto il nome del candidato pentastellato, un’operazione comune per cercare di puntellare i numeri a Palazzo Madama. E continua il lavorio per trovare un’intesa in una serie di comuni dell’hinterland napoletano chiamati al voto. C’è in ballo Pomigliano D’Arco, paese natale del ministro degli Esteri, insieme a Giugliano, Marigliano e Caivano. Un risiko dal valore simbolico più che empirico, che tra strappi e frenate potrebbe arrivare a una soluzione nel giro di brevissimo tempo.

Ma l’operazione che Di Maio sta mettendo in piedi, d’intesa con Grillo, ha un respiro più lungo. C’è già chi la definisce il Patto delle cinque città. Nella consapevolezza che sulla tornata settembrina si rischia di arrivare fuori tempo massimo, in queste settimane si stanno ponendo le basi per un dialogo sulle cinque comunali più importanti dell’anno prossimo: Roma, Milano, Torino, Napoli e Bologna. Le incognite sono infinite, ma se si vuole sbrogliare la matasse occorre partire da subito. C’è già chi parla di uno schema: Milano, Torino e Bologna al Pd, Roma e Napoli a M5s. L’incontro tra Grillo e Beppe Sala è stato il primo mattoncino, e le vesti non stracciate in casa grillina in caso di un passo indietro di Chiara Appendino, che deciderà tra settembre e ottobre, il secondo. A Bologna lo scenario più semplice, a Napoli l’incognita Luigi De Magistris. Ma il nodo più difficile da sciogliere è l’auto-ricandidatura di Virginia Raggi a Roma. “Al momento è un candidato debole – si ragiona in casa pentastellata – ma un anno è lungo, e se arriva al ballottaggio può succedere di tutto”. La sensazione è che, se il Patto delle cinque città maturasse, chiederle un passo indietro non sarebbe fantascienza. Se son rose, fioriranno. A meno di non venir dissanguati prima dalla marea di spine sul cammino.

L’HUFFPOST

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