Il bonus da 600 euro. Cari furbetti, perché non dite “ho sbagliato”?

di MICHELE BRAMBILLA

La vicenda dei furbetti del bonus, cioè dei parlamentari e dei consiglieri regionali che senza provar vergogna hanno intascato i 600 euro destinati alle partite Iva, non è grave: è squallida, il che è ancora peggio. Non è grave perché l’entità del danno provocato alle casse dello Stato è roba da ladri di polli: ma è squallida proprio per il fatto che costoro non avevano alcun bisogno di una simile, ridicola cifra. Sarà l’ingordigia umana, sarà che non ci basta mai quel che abbiamo, ma è andata così: gente che guadagna sui dodicimila euro al mese chiede il sussidio studiato e pensato per chi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena.

Aggravante, il fatto non trascurabile che costoro sono pubblici amministratori, rappresentanti del popolo italiano, dal quale sono stati votati ed eletti.

Ma la cosa più squallida non è poi neanche l’aver preso il bonus: è il modo con cui costoro hanno cercato, una volta scoperti, di giustificarsi. Uno dice che l’ha preso per girarlo in beneficenza (la quale però sarebbe bene farla con i soldi propri, non con quelli dello Stato), uno che è stato il commercialista, uno che è stata la segretaria, uno che è stata la zia. Ora, il moralismo è una orribile cosa, e lungi da noi. Siamo tutti peccatori, ciascuno di noi ha miserie più o meno nascoste. Anche chi scrive ha fatto sicuramente di peggio. Ma perché, quando il nostro errore è smascherato ed evidente, non diciamo mai “ho sbagliato, mi vergogno, chiedo scusa e possibilmente restituisco il maltolto”? Le goffe giustificazioni che hanno addotto questi signori hanno peggiorato la loro situazione. Anche il fuoco di fila contro Pasquale Tridico, il presidente dell’Inps, non fa altro che peggiorare la situazione dei furbetti.

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