Frattura diplomatica. Schiaffo Usa: “I cinesi cambino il regime”

“È ora che i cinesi cambino la guida del partito comunista”. Stavolta il segretario di stato americano Mike Pompeo, parlando alla Richard Nixon Presidential Library, si rivolge direttamente ai cittadini della superpotenza asiatica, e il suo appello è di quelli destinati a segnare una svolta nell’escalation dei rapporti tra Washington e Pechino. Per la prima volta, rotti gli indugi e superate le ultime cautele, l’amministrazione Trump in pieno clima da Guerra Fredda ipotizza un cambio di regime in Cina. E quello del tycoon, per ora tramite le parole del capo della diplomazia Usa, rappresenta un vero e proprio schiaffo a Xi Jinping: un leader finora guardato con benevolenza dalla Casa Bianca, ma adesso dipinto da Pompeo come “un presidente che crede nell’ideologia totalitaria”, alla stregua di altri dittatori e tiranni in giro per il mondo.

“Il Partito Comunista cinese – ha affondato il segretario di stato – ha paura delle opinioni oneste dei cinesi più di qualsiasi altro nemico straniero, e gli Stati Uniti devono impegnarsi a rafforzare i cinesi”. Sono lontani i tempi in cui Trump lodava Xi, non nascondeva la sua invidia per la forza e la longevità della leadership del presidente cinese e sognava di avere con lui uno storico incontro.

Le ultime settimane hanno cambiato lo scenario: il pugno duro di Pechino a Hong Kong, la repressione degli uiguri, le accuse sulle responsabili della pandemia di coronavirus, la corsa al vaccino, le mire espansionistiche di Pechino sul Mare del Sud della Cina. L’amministrazione Trump – oltretutto in costante ricerca di nemici su cui fondare la propria campagna elettorale – ha assunto una posizione molto più dura. È la linea del “law & order” traslata nello scacchiere internazionale. 

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