Il tramonto dei dioscuri Salvini e Di Maio. Volevano un re travicello, sono stati oscurati

di ELENA G. POLIDORI

“Conte? Ha fregato Di Maio. Salvini? Siamo tutti con lui…”. Sembra oggi. Invece è passato un anno da quando Gian Marco Centinaio, allora ministro, rifletteva così, ad alta voce sotto il sole rovente d’agosto (era il 30), quando lo ‘strappo del Papeete’ e le richieste di ‘pieni poteri’, avevano portato il Conte 1 a fine corsa.

Ma già s’intravedeva che l’avvocato del popolo, da Carneade qualunque, avrebbe riservato sorprese. Non, forse, fino a diventare un golden boy da 209 miliardi di euro (quelli ’guadagnati’ a Bruxelles) capace di ’seppellire’ quelli che un tempo erano i suoi due dioscuri, appunto Di Maio e Salvini. Ai quali, si ricorderà, chiedeva pure il permesso di parlare nel suo discorso di insediamento del suo primo governo (7 giugno 2018). Quando, abbassando il capo verso destra, dov’era seduto l’ex leader stellato, sussurrò: “Ma questo lo posso dire?”. E Di Maio, gelido: “No”.

Altri tempi, altri rapporti di forza. Altri numeri, nel pallottoliere dei sondaggi, per M5s e Lega. Il primo, oggi polverizzato in mille correnti, sconta proprio l’assenza di una leadership forte che neppure un Di Maio (ora in crisi nera di consenso anche interno), ha mai saputo incarnare nei tempi d’oro del 32%. E la Lega, che dopo le Regionali di settembre, con l’annunciato trionfo di Luca Zaia in Veneto, potrebbe essere tentata di dare a Salvini il benservito; per fermare l’emorragia di consenso, si sussurra nel Carroccio, dove non sarebbe la prima volta che un leader, divenuto ingombrante, viene fatto accomodare alla porta. Ieri, per dire, in Aula al Senato, l’attacco di Salvini a Conte, a tratti sprezzante (“non abbiamo il salame sugli occhi, presidente!”, “se volete dire che Giuseppe Conte è migliore di Papa Francesco, ditelo voi…”) è stato giudicato con severità nel centrodestra.

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