Il paese non si semplifica. C’è un usciere che ferma tutto. È la burocrazia

di BRUNO VESPA

A un convegno di Alis sul trasporto intermodale (quello che ha assicurato i rifornimenti durante il lockdown) ho avuto ampie conversazioni con tre amministratori che fanno mestieri diversi: il ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi; il commissario della Protezione Civile , Domenico Arcuri e il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. Tre persone navigate e con larghissima esperienza di pubblica amministrazione. Manfredi, ingegnere, è diventato ministro quando era presidente della Conferenza dei rettori. Vista l’università e la ricerca dall’altro lato del tavolo, ha capito a sue spese perché non funzionano le cose.

Ha trovato le lettere (in parte inevase) scritte al ministro precedente quando era rettore e ha constatato quanto fosse difficile rispondergli: “Basterebbe che facessimo come nelle principali nazioni europee, dove i controlli arrivano dopo e non prima. Così le procedure sono veloci e chi sbaglia subisce sanzioni pesanti”. (La ricerca italiana, punto di forza di ogni progresso, è finanziata con 8 miliardi. Adesso Manfredi ha avuto 1,4 miliardi in più. Va bene, ma vista la grande quantità di soldi in arrivo, speriamo che il governo aggiunga i 7 che ci mancano per stare alla pari con i principali paesi europei).

Domenico Arcuri è da molti anni il capo di Invitalia, l’agenzia che promuove gli investimenti. E’ stato nominato dal governo commissario della Protezione civile quando bisognava trovare mascherine e respiratori. Si è mosso con le regole dell’emergenza, senza gare d’appalto. “Avessi dovuto seguire le procedure ordinarie, saremmo morti tutti”. Confortante.

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