Raggi in cerca del bis, ma fra rifiuti e bus in fiamme Roma è in agonia

di Fabrizio Roncone

Raggi in cerca del bis, ma fra rifiuti e bus in fiamme Roma è in agonia

La tentazione: raccontare subito di quella volta che Virginia Raggi salì sul tetto del Campidoglio, con i tacchi e tutti i documenti. Già questo spiegherebbe molto. Che cosa tremenda, la tentazione. In breve: 28 settembre 2016, pomeriggio. Il teleobiettivo di Frederico De Carvalho, giornalista portoghese in vacanza a Roma, vaga tra cupole e gabbiani in picchiata (poi vedremo perché in picchiata). Ma nell’ultima inquadratura, trova la sindaca. Seduta lassù, sulle tegole. È in compagnia di Salvatore Romeo, il capo della segreteria. Sono in riunione. La foto fa il giro del mondo. Lei scende con il suo efferato sorriso: «Non sapete che panorama, cari romani…». Non sapevano nemmeno tanto altro di questa sindaca divenuta tragica metafora, il grande bluff grillino scoperto, plastico fallimento dell’«uno vale uno», la teoria visionaria di Gianroberto Casaleggio che, infatti, riuscì a farla eleggere nonostante, nel suo curriculum, ci fosse solo un passaggio da giovane praticante nello studio legale di Cesare Previti, addetta alle fotocopie.

La città, dopo quattro anni, è in agonia. I romani, adesso, sanno tutto (nove assessori cambiati, due in bilico, arrestato per corruzione Marcello De Vito, presidente dell’assemblea capitolina, grillino pure lui). Hanno visto tutto (lei che entra ed esce dagli uffici della Procura, un interrogatorio dietro l’altro tra dossier, denunce ed esposti: processata, assolta, di nuovo indagata). I romani subiscono tutto. Infatti ecco che arriva pure Beppe Grillo e sul blog pubblica un sonetto scritto da un certo Franco Ferrari e intitolato «Roma nun te merita». I romani definiti «gente de fogna». Tra stupore e indignazione, gli osservatori s’interrogano: il comico, pensando alle elezioni previste tra meno di un anno, ha voluto incoraggiare la sindaca, sia pure con la consueta dose di violenza mediatica? O, piuttosto — lettura un filo più sofisticata — l’ha scaricata con l’onore delle armi, dando ai romani la colpa di non averla sostenuta abbastanza? Lei, al solito — come davanti alle strade sfregiate dalle buche, agli accampamenti dei senzatetto — sembra che la faccenda non la riguardi: «Vado avanti». Poi, sfoggiando un miscuglio di cinismo e pericolosa ostinazione, promette: «Certo che mi ricandido». Sulla sua ricandidatura si gioca una partita gigantesca. Perché i 5 Stelle hanno il sacro limite del doppio mandato. E la Raggi, tra un anno, in teoria dovrebbe tornare a bussare allo studio Previti. Come lei, in Parlamento, a fine legislatura dovrebbero comunque trovarsi un posto di lavoro in tanti. Da Bonafede a Fico, dalla Castelli a Fraccaro, a Crimi, Ruocco, Taverna, Toninelli e Di Maio.

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