Il test rapido coreano sperimentato in Veneto (e forse anche in Lombardia)

di Laura Cuppini

Il test rapido coreano sperimentato in Veneto (e forse anche in Lombardia)

Il test rapido coreano

La risposta arriva in meno di 10 minuti: positivo a Sars-CoV-2, negativo a Sars-CoV-2. Il test rapido prodotto in Corea del Sud e utilizzato in Veneto ha il vantaggio di evidenziare la presenza del virus. «Non è sensibile agli anticorpi, come i test precedenti, ma al germe stesso — chiarisce Roberto Rigoli, primario di Microbiologia all’Ospedale di Treviso e vicepresidente nazionale dei microbiologi —. Abbiamo chiesto alla ditta sudcoreana di spedirci alcuni dispositivi in prova perché riteniamo che il test rapido possa rappresentare un approccio diagnostico nuovo necessario per affrontare i nuovi focolai: nelle ultime settimane le manifestazioni del virus si sono spostate dagli ospedali al territorio. In Veneto assistiamo alla comparsa di focolai, legati soprattutto a casi di importazione da altri Paesi, come il caso dell’imprenditore tornato dalla Serbia o al più recente rientro di persone dal Kosovo».

Come funziona

Il test costa 12 euro, contro i 18 di un normale tampone. Lo sta sperimentando l’Ulss 2 della Marca Trevigiana che, ha annunciato il presidente Luca Zaia, «metterà i dati a disposizione dell’Istituto Spallanzani di Roma e al Ministero della Salute affinché si prenda in considerazione la possibilità di inserire il test diagnostico nel Piano di sanità pubblica». «Il test viene eseguito nel seguente modo: si effettua il tampone rinofaringeo esattamente con la stessa modalità che viene indicata nella metodica classica; il tampone viene stemperato in una provetta con un liquido che stabilizza l’antigene; infine vengono depositate alcune gocce su di un supporto (simile a quello utilizzato per il test di gravidanza) comunemente chiamato “saponetta”. Il liquido inizia a migrare e, se è presente l’antigene virale, questo viene catturato in una zona dove precedentemente sono stati fissati anticorpi specifici verso Covid-19. In caso di positività il legame genera una reazione cromatografica che genera una banda rossa facilmente rilevabile ad occhio nudo» spiega Rigoli. Il test è stato provato su oltre un migliaio di soggetti. «È uno screening per cui non facciamo diagnosi definitiva — aggiunge l’esperto —: i casi positivi vengono confermati con la biologia molecolare. La velocità dell’analisi ci consente però di isolare immediatamente il positivo».

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