L’auto elettrica non decolla. Ecco perché

di Milena Gabanelli e Fabio Savelli

Lo sappiamo da anni che il futuro della mobilità è l’auto elettrica: zero emissioni, tre volte più efficiente, meno costi in manutenzione, abbattimento delle accise sul carburante. Ma non decolla. Nonostante i livelli di polveri sottili siano quasi sempre fuori controllo, nonostante gli investimenti ogni anno annunciati. Il primo ostacolo è il prezzo: dai 30 mila ai 37 mila euro per un’utilitaria su strada. Troppi per il consumatore medio, che dai dati Federauto può permettersi di spendere 8 mila euro, ovvero auto inquinanti da euro 4 a euro zero. In Italia ce ne sono 15 milioni in circolazione. L’incentivo del governo per rottamare quella vecchia e acquistarne una ibrida o elettrica è minimo: 4mila euro, mentre Francia e Germania ne hanno promessi 14mila. È come dire che aiutiamo i benestanti.

La Cina controlla le materie prime

I produttori, intanto, sono obbligati a incrementare la produzione di elettrico per rispettare il limite di emissioni imposto dalle norme europee (95 grammi a km) ed evitare pesantissime sanzioni. Per metà delle case produttrici in Europa, prima del lockdown, si prospettavano sanzioni di circa 400 milioni di euro per il 2020 e di 3,3 miliardi nel 2021. Sta di fatto che su 80 milioni di auto che ogni anni vengono vendute nel mondo, solo 2,1 milioni sono elettriche e la metà circola in Cina. Dunque per abbassare il prezzo bisogna venderne tante. Il problema è che per farle camminare ci vuole la batteria e occorre fare i conti con il Paese che sta a monte della filiera delle materie prime necessarie a produrla: cobalto, nichel, litio.

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