Paese ostaggio di una classe dirigente perduta

Dunque “siamo al momento decisivo” della partita europea, dopo il “successo”, dovuto anche all’azione dell’Italia. È il momento in cui “si gioca la tenuta economica sociale del continente”. Così il premier Giuseppe Conte, parlando di Recovery Fund, alla vigilia del Consiglio europeo, con una certa enfasi che, ancora una volta, rivela una pulsione irrefrenabile a prenotarsi sin d’ora un posto della storia di questo paese. Del resto, poche ore prima, lo aveva fatto la Azzolina, avvezza ormai a parlare di se stessa in terza persona. Ha rivelato che “il ministro sulla maturità si è emozionato” e poi ha definito “storico” l’operato del ministro medesimo.

Questo articolo, a costo di apparire gufi, pessimisti, predisposti al dramma, ruota attorno al concetto di “baratro”, dopo attenta osservazione e ascolto del dibattito in Aula. Il baratro, innanzitutto, tra la pomposità delle parole e della percezione di sé, e la cronaca, così cruda e banale, che ne disvela la fragilità e, diciamo le cose come stanno, la modestia. Davanti all’appuntamento con la storia, e davanti a un negoziato politico che si apre in Europa su un’ipotesi tutt’altro che scontata, con tempi tutt’altro che certi, con l’ostilità dei paesi del Nord, insomma davanti a una battaglia politica vera sui soldi veri dopo una catastrofe epocale, sarebbe stato interesse nazionale chiedere un voto al Parlamento. Ne sarebbe uscito più forte anche il premier, che sarebbe partito per Bruxelles non come un azzeccarbugli che, risolto il problema con Renzi, ora ha un problema con Di Battista, ma come un presidente del Consiglio che ha non solo una maggioranza, ma un paese alle spalle.

Il professor Mario Monti, cui certo non fa difetto serietà e coerenza, nel suo intervento ha ricordato che fu proprio il suo governo a inserire l’obbligo del voto per le questioni più rilevanti, prima di andare in Europa, proprio per rompere quel gioco, fondato sull’ambiguità, che consente di dire “io vorrei ma il mio Parlamento non me lo consente”. Invece c’è Di Battista, ci sono le ambiguità europee dei Cinque stelle, e dunque, poiché non c’è maggioranza in materia, non si può votare e non si può neanche dire la verità. E cioè che faremo ricorso al Mes per forza di cose, perché questa roba del Recovery Fund va per le lunghe, l’esito non è scontato e già si intravede un gigantesco problema di liquidità.

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