La rotta non serve se nessuno guida

Alessandro Sallusti

Potremmo anche sbagliarci, ma a occhio il «piano Colao» per far ripartire il Paese presentato lunedì è nato morto, al di là dei suoi pregi e dei suoi difetti.

Non lo vuole Conte, che l’ha subito probabilmente su ordine di un Mattarella preoccupato per la pochezza del governo; non lo vuole il Pd, che oltre ad avere altre idee non accetterà mai di essere succube di un rappresentante del capitalismo finanziario; non lo vogliono i grillini, a cui solo a leggere alcune delle proposte contenute nel documento – molto simili a quelle fatte da Forza Italia – è venuta l’orticaria.

Dopo l’era dei virologi, si sta quindi concludendo anzitempo anche quella dei pianologi, esperti di ogni genere chiamati forse troppo frettolosamente al capezzale della politica. Perché un conto è che i ministri abbiano i loro consulenti, altro è appaltare fuori dalle istituzioni e dal Parlamento pezzi di democrazia. Non funziona, non può funzionare così, soprattutto in assenza di un premier forte e in presenza di una maggioranza disunita e litigiosa. Nessun «esperto», da Cottarelli per la spesa pubblica a Cantone sugli appalti (certo non parliamo di due stupidi) è uscito vivo dalle sabbie mobili dei palazzi romani: non li vogliono, non li sopportano e a ben vedere loro non hanno neppure titolo per sostituirsi finché siamo in una Repubblica parlamentare a persone e organismi eletti dal popolo.

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