“Il Governo annuncia perché non sa fare”. Intervista ad Angelo Panebianco

“Gli Stati generali di Conte sono un’operazione essenzialmente mediatica”. È il pensiero del politologo Angelo Panebianco, che a colloquio con HuffPost rimarca il vecchio vizio della politica. “I Governi possono fare le cose e comunicarle, oppure comunicare che hanno intenzione di fare delle cose, e in genere quando scelgono la seconda strada è perché non possono fare ciò che annunciano”. Un’analisi che rientra nello stesso quadro “della fine che sta facendo il lavoro della task force di Vittorio Colao”.

Panebianco ricorda che il comitato di esperti venne nominato nel momento in cui cominciavano a sorgere delle critiche sull’eccessivo appiattimento del Governo sulle opinioni dei virologi e di coloro che si occupavano di sanità. “Si disse che c’era troppa attenzione a quello che dicevano i virologi e che non si teneva conto di altri aspetti, come l’economia”. A quel punto, quindi, “la migliore risposta alle critiche” fu considerata la task force del manager Vittorio Colao, che ora però “sembra aver perso la capacità di incidere sulle scelte del Governo”.

Gli Stati Generali che partiranno venerdì sembrano, dunque, l’ennesimo tassello di una strategia puramente comunicativa, “poi magari rimarremo sorpresi e saranno l’avvio di chi sa quale cambiamento”. Il punto, secondo Panebianco, è che “tutti sappiamo da sempre che cosa bisognerebbe fare, non c’è bisogno di Stati Generali e al limite neppure delle commissioni di esperti”. Tutti sanno che “bisognerebbe cambiare la normativa sugli appalti per far riaprire i cantieri, tutti sanno che bisognerebbe dare uno scudo e una protezione rispetto alla giustizia amministrativa ai funzionari dell’amministrazione altrimenti non si muovono”. Anche “il meccanismo che porta denaro alle imprese va cambiato, altrimenti quel denaro non arriva” e la giustizia civile “va resa più veloce, altrimenti non arrivano gli investimenti esteri”. Questioni “che si sanno da sempre”, così come si conoscono gli “ostacoli formidabili” che impediscano che le cose si modifichino. Gli impedimenti “sono di ordine amministrativo”, con l’amministrazione che “non ha voglia di accettare dei diktat”, e in parte sono politici, perché “ci sono ampi settori del mondo politico che non hanno voglia di far ripartire i cantieri”. La combinazione delle due cose, resistenze burocratiche e cultura di certe forze, “impedisce di far ripartire il Paese”.

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