Il piano europeo e i benefici per l’Italia

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di   Mario Monti |

«L’Europa si forgerà nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni che saranno date a quelle crisi», disse Jean Monnet nel 1954 all’indomani della prima crisi, il «No» della Francia alla Comunità europea di difesa. Il piano proposto ieri da Ursula von der Leyen per risollevare l’Europa dalla crisi provocata dal coronavirus raccoglie con lungimiranza la sfida di Jean Monnet. La presidente della Commissione, posta di fronte ad una drammatica emergenza proprio all’inizio del suo mandato, vuole sostenere l’economia e la società europea. Ma non lo fa con interventi dettati dal panico e a rischio di sconquassare la casa europea in costruzione. Anzi, ricorre a provvedimenti che, oltre ad alimentare la ripresa dell’economia, sono pensati per rafforzare dalle fondamenta l’edificio della Ue, ristrutturarlo dove è necessario, renderlo più vivibile per la prossima generazione di europei.

Quei provvedimenti mettono in campo fondi ingenti. Sulla loro dimensione e distribuzione si soffermerà dapprima l’attenzione di tutti, come è naturale. Ci saranno dibattiti accesi, tra Stati membri, tra forze politiche, tra i molti interessi in gioco. Il necessario consenso nel Parlamento europeo e soprattutto nel Consiglio, dove sul bilancio è necessaria l’unanimità, non sarà acquisito facilmente né rapidamente.

Minore attenzione verrà dedicata alla portata «architettonica» dei provvedimenti annunciati da von der Leyen. Senza i toni alti delle rivendicazioni ideologiche, l’esile Ursula introduce nel cantiere della Ue diverse componenti che esistono da sempre negli Stati ma che, pur auspicati dagli europeisti, la Commissione non aveva mai avuto l’audacia di dichiarare indispensabili anche per la Ue, se non vogliamo che sia asfittica e anchilosata. Con grazia, senza dare l’impressione di cercare nuovi poteri ma semplicemente perché questa crisi gravissima lo esige, la presidente lascia emergere dal suo discorso in Parlamento vari «tabù»: un bilancio comunitario più dotato già in partenza; l’esigenza di strumenti per accrescerne la dotazione con prontezza in caso di necessità; un uso embrionale del bilancio Ue allo scopo di «stabilizzare» un po’ le oscillazioni dell’economia europea; e allo scopo, ben più di prima, di assicurare una più equa distribuzione delle risorse dopo il flagello pandemico; il ricorso all’emissione di titoli di debito della Ue (eurobond emessi a livello «federale» per far fronte a nuove spese del bilancio Ue, non per condividere vecchi debiti dei diversi Stati); il ricorso a nuove «risorse proprie» come alimentazione diretta del bilancio Ue senza ricorrere ai contributi degli Stati membri, bensì a circoscritte e limitate forme di prelievi su determinate attività che beneficiano di «beni pubblici europei», come il mercato unico, o che devono essere oggetto di interventi di politica economica comunitaria per contribuire al conseguimento delle finalità di quelle politiche, come forme di fiscalità «verde».

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